Processo "Eden": il giorno di Patrizia Messina Denaro. "Non vedo mio fratello Matteo da vent'anni"

Chiara Putaggio

Processo "Eden": il giorno di Patrizia Messina Denaro. "Non vedo mio fratello Matteo da vent'anni"

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giovedì 04 Dicembre 2014 - 18:49

Udienza fondamentale del processo scaturito dall’operazione antimafia “Eden 1”. La principale teste della giornata è stata Anna Patrizia Messina Denaro, imputata del procedimento con l’accusa di tentata estorsione e di associazione mafiosa. La donna ha rigettato tutte le accuse a suo carico, già rispondendo alla prima e unica domanda del pm Paolo Guido: “Lei ha mai fatto parte dell’associazione mafiosa denominata Cosa nostra?”, ha chiesto. “No”, ha risposto la donna.
Poi innanzi al tribunale collegiale presieduto dal giudice Gioacchino Natoli (a latere Giacalone e Fiorella) l’imputata si è sottoposta all’esame del suo difensore, l’avvocato Celestino Cardinale. Ha confermato di essere sposata con Panicola Vincenzo, recentemente condannato in primo grado per 416 bis. “Sono sposata da 20 anni – ha detti e ho tre figli. Il primogenito ha una sordità grave a sinistra dalla nascita. Dall’età di tre anni facciamo logopedia. È audioleso e porta le protesi. Questo ha condizionato la nostra vita”. Più in là spiegherà che la sua tendenza a gesticolare è correlata alla condizione del figlio.
“Mio marito, quando ci siamo conosciuti era appena diplomato. Poi è stato assunto dal signor Grigoli per tre o quattro anni. Faceva il magazziniere. Ho conosciuto Grigoli da mia suocera. Ma lui non ha mai avuto, per il parente (la madre di Panicola è cugina di Grigoli), un occhio di riguardo. Se lo avesse avuto, mio marito non se ne sarebbe mai andato. Dopo ha fatto il rappresentante di prodotti per la pulizia, ma il lavoro è andato male. Poi ha fatto un’impresa ed è andata peggio. Poi con un socio ha aperto un’impresa di pulizia, ed è andata ancora peggio. Non penso possa aver goduto di appoggi di alcun genere. Gli affari andavano male perché nessuno vuole avere a che fare con chi ha problemi con la giustizia. Le condizioni economiche della mia famiglia prima dell’arresto erano modeste. Dopo l’arresto il socio un poco di introiti me li dava. Posso dire come mi sostentavo: avevo le olive. Diversi ettari. Le olive erano stato sequestrate nel 2013, poi dissequestrate e poi sequestrate di nuovo per il valore di 70mila euro per la presunta estorsione (di cui a questo processo). Dal 15 marzo 2010 mio marito è stato arrestato e io da sola provvedo alla famiglia”.
Il legale ha chiesto dei rapporti con Filardo Giovanni. “è mio cugino, la nostre madri sono sorelle. La nostra è una parentela tranquilla, senza mai interruzione”, ma alla domanda del legale nega che qualche mezzo di Filardo appartenga a lei o al marito, (ma nelle intercettazioni Lorenzo cimarosa dice il contrario). “Ho conosciuto Cimarosa al matrimonio con mia cugina. Con Cimarosa i rapporti sono sempre stati rotti. Io inizio ad aver contatti con lui quando fa i lavori nella casa al mare. Cimarosa ha due belle case e un maneggio. Mai consegnato una lettera proveniente da mio fratello Matteo. Cimarosa ha covato rancore per 25 anni. Era molto invidioso del rapporto con il cognato, Filardo Giovanni. Determinate affermazioni servono per salvare la sua proprietà”.
Poi l’avvocato ha affrontato la questione della eredità Bonagiuso. “Bonagiuso è mia madrina di battesimo – ha detto la teste –. Il mio rapporto con lei sempre stato ottimo. L’andavo a trovare spesso prima che arrestassero mio marito. Poi non avevo tempo, perché mi occupavo di due mamme, mamma e suocera, anziane. Bonagiuso morì febbraio 2011. Aveva stima immensa di La Cascia, non posso dire lo stesso della Campagna. Un giorno mi disse la mia madrina che mi voleva dare qualcosa di suo”. Tuttavia nel testamento non c’è il suo nome. La donna ha detto che la madrina avrebbe motivato la scelta per timore che la magistratura le avrebbe sequestrato l’eventuale lascito. “La madrina mi disse: ti voglio bene, faró, in modo di lasciarti qualcosa. La sera della veglia, quando me ne sono andata la signora La Cascia mi disse che ci dovevamo vedere perché aveva qualcosa per me. Se questa è un’estorsione l’ho proprio fatta male”.
La signora la Cascia poi le consegnò tre assegni per un totale di 70mila euro. Quanto ai presunti contatti con il fratello latitante Anna Patrizia Messina Denaro sottolinea: “Mai visto e sentito mio fratello Matteo da più di 20 anni”.

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