Erano in tanti, ieri a Castelvetrano, per il sit in organizzato dal coordinamento provinciale di Libera a sostegno di Elena Ferraro, l’imprenditrice che due anni fa denunciò un tentativo di intromissione nella sua attività da parte del clan Messina Denaro. Tra i presenti anche il senatore del Pd Giuseppe Lumia, che ha voluto ribadire la propria vicinanza alla giovane titolare della clinica Hermes, che nei giorni scorsi ha subito la recisione dei cavi elettrici che avrebbero dovuto alimentare la nuova Tac.
“A giugno avevo pubblicizzato l’entrata in funzione della Tac, in quanto dal 1 luglio, dopo una serie di controversie avevo ottenuto il trasferimento della convenzione di radiologia dal mio centro di Salemi alla Hermes di Castelvetrano – spiega Elena Ferraro -. Qualcuno evidentemente ha voluto ostacolarci con questo vile gesto. Ma non sono riusciti a raggiungere il loro scopo, perchè da oggi ho un motivo in più per cercare di metterla in funzione entro la fine di settembre”.
Un gesto contro di lei e contro la struttura, ma soprattutto contro la comunità, gli utenti che dovrebbero usufruire di questo servizio per le proprie cure mediche…
Purtroppo sì, è un gesto contro la comunità. Proprio per questo c’è stata un’indignazione generale e proprio per questo il coordinamento provinciale di Libera ha voluto organizzare un’iniziativa in segno di solidarietà verso di me e verso la comunità. Io, per quanto mi riguarda, intendo andare avanti a testa alta, esattamente come ho deciso di fare due anni fa, quando qualcuno si presentò alla mia struttura per un tentativo di estorsione.
Un episodio che segna una svolta radicale anche rispetto al racconto che spesso si fa del nostro territorio. Per anni non è stato affatto scontato che una giovane imprenditrice di Castelvetrano potesse fare un certo tipo di scelta…
E’ vero. Però voglio dare la giusta connotazione a questo gesto. Ho compiuto un gesto di normalità e legalità, da imprenditore che intende tutelare la propria azienda e i suoi lavoratori. Chiaramente, il fatto che quest’episodio sia avvenuto a Castelvetrano porta a pensare che sia stata una scelta eroica. E forse è anche normale che ci sia quest’attenzione. Mi hanno definita “la mosca bianca”, “donna coraggio”…Ma le parole contano fino a un certo punto, contano più i gesti concreti. E la cosa più importante è che anche altri imprenditori castelvetranesi possano cominciare ad alzare la testa, come in parte è già successo.
La studentessa di qualche anno fa, avrebbe mai immaginato che si sarebbe potuta ritrovare in una situazione del genere?
In realtà no. Quando con il mio socio abbiamo pensato di avviare la nostra attività sapevamo della forte presenza mafiosa di questo territorio. Ma siamo andati avanti e devo dire che per sei anni non è successo nulla. La richiesta che mi è stata fatta da Mario Messina Denaro, il cugino del noto latitante, non era una normale richiesta di pizzo come si intende nel palermitano. In realtà, mi prospettava la possibilità di crescere, di aumentare il mio fatturato, di diventare “la regina della sanità”. Un po’ com’era stato fatto con Grigoli, che aveva un piccolo negozio e poi, grazie alla mafia, era diventato il “re dei supermercati”. Io non mi sono prestata e ho deciso di denunciare, recandomi alla squadra mobile, presso gli uffici del dottor Leuci.
C’è stato qualcosa in particolare che ha pesato nella sua scelta?
La scelta non è stata facile, non lo nascondo. Sapevo a cosa andavo incontro e mi aspettavo ritorsioni. Ma credo che nella vita, quando ci si trova davanti a un bivio e si decide di seguire il percorso apparentemente più impervio, bisogna aspettarsi di poter cadere. Quel che conta, è la consapevolezza che quella strada porta alla libertà.
Quando Libero Grassi denunciò i suoi estorsori, prima di essere ucciso dalla mafia palermitana fu anche isolato dai suoi stessi colleghi. Oggi il clima è cambiato. Confindustria Sicilia ha preso posizioni diverse rispetto al passato e i movimenti antimafia hanno fatto germogliare fiori importanti nel nostro territorio. Quanto ha contato tutto questo per lei?
E’ un contesto storico assolutamente diverso. Libero Grassi rimase solo ed è stato ucciso proprio per questo. Io sono stata circondata da Libera, Libero Futuro, Addio Pizzo che hanno stretto un cordone attorno a me. Chiaramente, più imprenditori denunciano meglio è. Perchè non possono colpire tutti. Questo però non deve far abbassare la guardia, perchè la presenza del tessuto mafioso è ancora forte nella nostra società. Ma se ognuno di noi compie gesti di normalità e giustizia, non troveranno terreno fertile.
Ha avuto modo di raccontare la sua storia ai più giovani?
Sono spesso invitata dalle scuole e, compatibilmente con i miei impegni di lavoro, vado sempre con piacere. Proprio dai ragazzi ho ricevuto più attestati di solidarietà che dagli adulti. Faccio sempre una distinzione a questo riguardo. Gli under 50, intrisi di una cultura legalitaria, respirata fin dai banchi di scuola, mi guardano con ammirazione ed è molto bello parlare con loro. Gli over 50, magari hanno ancora negli occhi le immagini del sangue delle stragi degli anni Novanta e mi rivolgono frasi che mi fanno stare male. Mi dicono “ma chi te l’ha fatto fare?”, “potevi stare tranquilla…”, “adesso la tua vita è cambiata”…E questo ci fa capire ancora di più perchè la mafia teme più la scuola che la polizia o le indagini giudiziarie.