Il mio Concato è … “Tutto qua”, nelle sue undici stanze di vita quotidiana

Claudia Marchetti

Il mio Concato è … “Tutto qua”, nelle sue undici stanze di vita quotidiana

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giovedì 10 Aprile 2014 - 12:45
Fabio Concato

Fabio Concato

Una volta c’era Gaber che, con la sua cruda ironia, cantava: “vivere, non riesco a vivere, ma la mente mi autorizza a credere che una storia mia, positiva o no, è qualcosa che sta dentro la realtà” . Fabio, nelle tantissime interviste concesse in occasione dell’uscita del suo ultimo lavoro, cita spesso, e a ragione, questi versi di Giorgio. Concato, questo signore lombardo, nipote e figlio d’arte fra lirica e jazz, vissuto a pane, musica e poesia, da sempre “tiene dentro di se” le piccole cose della vita, della realtà, quella piccola di ogni giorno, senza mai fingere di essere sano ma rimanendo appassionato e attaccato, come pochi, ad una realtà fatta di semplici cose e, soprattutto, costellata di persone concrete.  “Alle semplici cose, ai vecchi luoghi dove si amò la vita, si torna sempre”…così recita la bellissima canzone de “las simplas cosas” che mi piacerebbe sentir cantare da Fabio.

Tutto qua…e vi sembra poco? Tutto qua, due semplici parole in cui tempo e spazio si condensano. “Tutto qua”, un evento pieno di vissuti e di emozioni che, con sapiente ricerca e abnegazione, gli amici dello spazio teatrale e culturale Baluardo Velasco hanno fortemente voluto nella loro città. E questo piccolo spazio si allargherà, per questa occasione specialissima, al gran contenitore del teatro Impero pronto ad accogliere degnamente un elegante, sornione e tenero Signore della canzone d’autore italiana. E così, dopo lunghi anni di assenza da  “Ballando con Chet Baker”, ci ritroviamo fra le mani un oggettino nuovo e prezioso: l’ultimo capo-lavoro di Fabio che da due anni attraversa il Paese donandoci atmosfere indimenticabili. Undici anni solo di calma discografica, di sindrome da foglio bianco che non bisogna scarabocchiare inutilmente così tanto “pour parler” o “pour chanter” come l’autore stesso ci fa intendere. E Fabio abbandona il mercato, quello dei vip della canzone, quello dello spread, dei BTP, quello dei mercati finanziari, ma non abbandona la musica. Semmai a questa si è concesso di più: in concerti, in collaborazioni con grandi artisti, negli sguardi con la gente, nei sorrisi e nelle intese con il suo pubblico. Cantare è importante per Concato, è a suo agio quando canta, si sente vero, è persona. Cantare dà un senso alla sua vita, la riempie e la contiene. TUTTO QUA . Non un esclamativo né un interrogativo. Semplicemente un ulteriore tentativo – sicuramente uno dei suoi migliori – di riportare al centro dell’attenzione l’uomo. Perché, alle persone normali, ai diseredati, agli ammalati, ai bambini, alle donne, alla famiglia, ai disoccupati, ai nuovi poveri e a tutti gli emarginati non ci pensa più nessuno, nessuno regala loro un atto d’amore disinteressato, un “trenino nel petto”: perché l’amore, coniugato in tutte le sue sfaccettature, è “il malanno più bello che c’è”. E allora, come sempre in punta di piedi, Fabio riprende a volgere il suo sguardo proprio a loro, li guarda con nuovi occhi, senza supponenza, senza fingere di esser sano. Il suo è il tentativo di mettersi nei panni dell’altro con occhi diversi, senza la spada di Damocle del giudizio e del pregiudizio. Perché il giudizio, il mettersi su un piedistallo, significa solo vivere meglio per se e con se, ma ipocritamente. C’è il nostro paese nelle sue canzoni, c’è una umanità da difendere, ci sono i suoi ripensamenti e i valori da sottolineare e da rivendicare, c’è il nostro presente pieno di quella bellezza di cui ci vogliono privare. E ci sono gli amici, la storia, la natura, l’amore che viene e quello che va. Ci sono assenze e ricordi. Fabio non si è mai allontanato, non è mai andato via. In questi anni ha raccolto, chiudendosi dentro di se eppur donandosi, perle di saggezza e nuove energie. Celandosi nel cono d’ombra della sua soggettività, Fabio si è rinnovato, ha ulteriormente affinato e raffinato la sua arte, la sua musica e le sue parole. C’è calore in questo artista, c’è umanità, c’è semplicità e anche la sua immancabile ironia, c’è un guardare a se stesso dietro quelle lenti scure e quel sorriso laterale che rimanda a pensieri profondi. C’è profondità in quella che a molti potrebbe sembrare solo superficie. E noi a quella superficie profonda dovremmo dire un grazie silenzioso, come piace a lui. “Prima di addormentarmi”, scriveva Christa Wolf in un suo racconto,  “penso che di giornate come questa è fatta la vita. Punti che alla fine, se abbiamo fortuna, sono congiunti da una linea. Ma penso anche che possono disgregarsi in un cumulo insensato di tempo passato, e che solo un costante, fermo sforzo dà senso alle piccole unità di tempo in cui viviamo”. Fabio ha dato e continua a dare senso all’insensatezza di un mondo che ha scelto la velocità come sua cifra lasciando dietro di se cumuli disgregati di macerie. La sua unica velocità è il battito del cuore, quel cuore che corre impazzito come un trenino,  ma che sa anche godere della lentezza di una passeggiata o inebriarsi per un tentativo di volo, un trenino che corre per l’amore, per l’amicizia, per la solidarietà, per la gente semplice e, soprattutto, per la musica che tutto accoglie…perché…se non fosse per la musica … È narratore Fabio Concato, lo è sempre stato … da sempre ci racconta favole reali, quelle della quotidianità. E allora ben vengano i ricordi, le speranze, i guizzi di allegria contagiosa e gli attimi di grande tenerezza. Ben vengano le sue canzoni che sono fotografie, bozzetti impressionistici raccolti in un diario della memoria che continua a far breccia sia nel nostro immaginario che nella sensibilità del pubblico. Buon ascolto a tutti e un abbraccio a Fabio e alla sua musica continuando a pedalare sul mare perché “questo è l’amore più vero che c’è”.

[ luciana petroni ]

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