Immaginate una voce allegra, cristallina. Un tono ironico, divertito, a metà strada fra la consapevolezza di essere forte e la certezza di essere meravigliosamente fragile nelle vicende imprevedibili ed impreviste della vita, come l’esplosione di un pezzo di strada parigina, appunto. Le risposte semplici e spontanee di Angela Grignano, vanno lette ed immaginate così per coglierne la grande lezione di stile che stupisce ed incanta. La testimonianza della splendida venticinquenne ballerina trapanese rimasta coinvolta proprio un anno fa nell’incidente di rue de Trevise, a Parigi, dove una fuga di gas causò la tremenda detonazione in cui persero la vita anche 5 persone e altre rimasero gravemente ferite, fanno molto riflettere sul senso dell’esistenza. Nulla è stabile, tutto freme ed è un inarrestabile, imprevisto, divenire. Angela, aspirante ballerina, quando vede la sua gamba “appesa” ad un lembo di pelle, è lucida e sceglie di restare coraggiosa, di non perdere la testa. Il mio personale consiglio è di leggere l’intervista immaginando un tono allegro, inframezzato da crudezze spesso soppiantate dalla immancabile autoironia che tutto risolve e dissipa.
Innanzitutto le chiedo come sta ad un anno del suo “incredibile e bizzarro incidente parigino” così come lei lo ha definito.
Riesco a camminare discretamente anche se ancora indosso le scarpe ortopediche. C’è ancora tanto da fare e non posso parlare di totale guarigione, ahimè. Sento ancora tanto dolore e il mio piede fa male ma sono comunque contenta.
Di cosa è contenta?
Per me è importante far star bene le persone che mi vedono. Voglio che sorridano, insomma. Quando sono tornata a Trapani, per la prima volta dopo l’incidente, tutte le persone in centro mi fermavano per salutarmi. Erano commossi, piangevano, ma non è da me ricevere tutto questo. Io sono un’animatrice nell’animo, prima ancora di essere una ballerina, e sono nata con l’indole di far sorridere le persone. Quando mi sono ritrovata davanti persone tristi, mi sono chiesta perché si stava capovolgendo tutto.
Vuol tornare indietro nei ricordi e raccontarci perché si trovava a Parigi, Angela?
Ero stata a Parigi qualche tempo prima perché avevo fatto 6 mesi di villaggio turistico italo francese ed avevo avuto l’opportunità di apprendere le basi della lingua. Dopo questa esperienza ero tornata a casa ma avevo in cuore di ritornare a Parigi. Mi ero laureata ad Aprile ed eravamo già in ottobre. Pensavo che Parigi è pur sempre la capitale della cultura e dello spettacolo. Se mi fossi trasferita lì, avrei anche potuto inseguire il mio sogno di ballerina. Avevo già adocchiato qualche scuola di danza ma avevo anche visto che gli appartamenti costavano moltissimo. Mille euro al mese per un monolocale per me era troppo e così, dopo un po’, avevo rinunciato a trasferirmi. Poi mi arrivò una telefonata.
Chi la chiamò?
Mi ero già messa il cuore in pace quando due settimane dopo mi chiamò, da Parigi, una mia cugina, la quale, dal veterinario, aveva sentito dire che una mamma con un bambino piccolo cercava una ragazza alla pari per 3 mesi. Mi avrebbe dato vitto e alloggio al centro di Parigi. Per me era l’occasione da non perdere anche perché la signora aveva un po’ di fretta. E così partii a novembre. Credo che si trattò di destino il mio ritorno a Parigi.
E poi?
La signora parigina era stupenda e gentile. Io andavo a prendere il bambino a scuola e poi giocavo con lui nel pomeriggio. Ovviamente non ero pagata e decisi di cercarmi un lavoretto per guadagnare qualcosa. Al mattino ero libera. Caso volle che io incontrassi un ex collega del villaggio turistico che lavorava in un Hotel. Mi disse che cercavano una ragazza che preparasse le colazioni. Mi alzavo alle 5 del mattino e uscivo dall’Hotel alle 3 del pomeriggio. Dopo andavo a prendere il bambino. Avevo poco tempo per coltivare il sogno di diventare ballerina. Non ero ancora riuscita ad andare alla scuola di danza che mi piaceva. Fino a che non arrivò il giorno dell’esplosione. Quella mattina avevo uno strano presentimento.
Cosa accadde?
Col senno di poi è facile dirlo ma io sentivo che qualcosa non andava. Non volevo andare al lavoro ma non volevo deludere nessuno. Avrei dovuto mentire, dire che stavo male e non era vero. E così andai al lavoro. Quel mattino incontrai anche Claudio Pappaianni, un giornalista di Carta Bianca (programma con Bianca Berlinguer su Rai 3, ndr) e questo mi migliorò la mattinata. Abbiamo fatto colazione insieme e l’ho aiutato a trovare il latte che lui cercava. Eravamo quasi soli nella sala delle colazioni e ci siamo fatti una bellissima chiacchierata. Chi si alza alle 7 del mattino, il sabato, in Hotel? Ero più serena e pensai che quel mattino non era poi così male. Lui salì in camera per mettersi le scarpe e io guardai fuori dall’albergo. Mi accorsi che c’era il camion dei pompieri.
Cosa era accaduto?
Uscii fuori per capire e mi dissero che c’era una fuga di gas. Mi misi in allarme anche perché, dalle nostre parti, non sono così usuali le fughe di gas. I vigili del fuoco mi tranquillizzarono dicendo che a Parigi era normale tutto questo. Erano convinti che la fuga di gas fosse in strada ed invece era nel sotterraneo dell’edificio accanto alla boulangerie di fronte l’Hotel. Dopo seppi che la fuga di gas in quel sotterraneo era iniziata nel 2015 ma nessuno ci aveva mai messo mano. Se ne fregarono insomma.
Insomma non siamo solo noi italiani i lassisti.
No, assolutamente, ci tengo a precisarlo. Tutto il mondo è Paese. I francesi, pur essendo molto precisi, sbagliano anche loro. Avevano fatto solo degli interventi superficiali ma non erano mai andati fino in fondo al problema. Per 3 anni, le tubature arrugginite avevano saturato l’ambiente con il gas. Bastò una piccola scintilla, l’azionamento di un timer o di un citofono, per provocare quella tremenda detonazione.
Lei dove si trovava in quel momento?
Ero in strada, a 5 metri di distanza, sul marciapiede che è esploso, crollato sotto i miei piedi. Lì le strade del centro sono molto strette. Di fronte a me c’erano 2 pompieri. Poi arrivò la folata di gas. Me ne accorsi e istintivamente mi coprii il viso. Era ormai troppo tardi. Non feci in tempo ad entrare in albergo.
Cosa ricorda di quell’attimo.
Ho visto l’onda d’urto, blu, del gas, che mi ha schiaffeggiata. Quando mi ritrovai a terra, le sembrerà strano, mi venne una mezza risata isterica. In quel momento ho pensato: l’avevo detto io che scoppiava!
Lei ha capito subito che era rimasta ferita?
Quando ho provato ad alzarmi, ho visto che qualcosa non andava alla gamba destra. Mi accorsi che mancava mezza gamba. Soltanto una striscia di pelle la collegava al piede. Avrei voluto urlare ma ho sentito che urlavano altre persone. Nel mio cuore ho pensato che c’era chi stava peggio di me.
Cosa fece dopo?
Pensai di fare un laccio emostatico quando mi accorsi che un mio collega era accanto a me in ginocchio. Un vetro, nell’esplosione, si era conficcato nel suo ventre e glielo aveva squarciato. Era un omone e non riusciva più a parlare. Gli chiesi come potevo farmi un laccio emostatico. Lui non rispose e mi guardò preoccupato. Non poteva fare nulla per me ed era dispiaciuto. Lui però stava malissimo. Io ero fredda e determinata nel volere risolvere il problema. Ancora non spiegarmi come mai ero così fredda. La presi in quel modo, ecco.
Riuscì a farsi quel laccio emostatico?
Accadde un miracolo, uno dei 2 miracoli che ho ricevuto. Avevo 2 arterie tranciate però non perdevo sangue. Avrei dovuto avere un’emorragia e invece non usciva una sola goccia di sangue dalla mia gamba destra.
Come mai?
E’ una cosa stranissima, un miracolo, solo questo.
I medici cosa le dissero?
Loro mi dissero che forse il calore aveva chiuso le arterie tranciate ma poi, quando eravamo soli, un chirurgo mi disse se un’arteria si chiude da sola è già di per sé una cosa rarissima. Due arterie chiuse erano un vero miracolo. Mi spiegò che con 2 arterie come le mie, sarei dovuta morire in meno di 10 minuti ed invece ero viva, senza aver perso sangue. Mi disse che un Angelo custode me le aveva tappate con 2 dita.
E’ da brivido, Angela.
Sì, è così. Mi guardavo la ferita: mi mancava l’osso, mi mancavano i muscoli e la pelle ed io ero asciutta. Ho conservato le scarpe che indossavo. Non hanno macchie di sangue.
Questa sua testimonianza crede che possa servire a rinsaldare il dono della fede?
Sì, per me sì. Non c’è una spiegazione scientifica a tutto questo.
Dopo l’esplosione i soccorsi arrivarono subito?
Sono stati efficientissimi. In 5 minuti, sul posto, c’erano 400 persone e 3 elicotteri. Io però sono stata presa 30 minuti dopo che era avvenuto lo scoppio. Ho avuto però tante testimonianze di umanità. Il mio collega con il ventre aperto disse ai soccorritori che era giusto che aiutassero me per prima. Lui aveva 60 anni e pensò che io, a 24 anni, dovevo vivere. Lui aveva perso 4 litri di sangue e pensava a me. Arrivò quasi dissanguato in ospedale.
Lei cosa provava nel frattempo, come si sentiva?
Ero sempre lucidissima. Quando mi portarono dalla strada in albergo mi diedero la morfina ma non mi dissero nulla. Dopo un po’ cominciai a vedere “il mondo degli Unicorni”. Le luci si dilatavano e il corpo mi abbandonava. Pensai che stavo morendo e dissi ad alta voce: forse sto morendo ma è bellissimo.
Il suo collega è sopravvissuto?
Sì, per fortuna sì.
Cosa pensava in quel momento?
“E adesso chi glielo dice a mio padre e a mia madre”? Questo pensavo. Pensi che non andavo ai mercatini di Natale e ai concerti per paura degli attentati terroristici. Non riuscivo a credere che fosse accaduto, che ero lì, che era un attentato. Non riuscivo a credere che sarei morta così giovane, a Parigi. Pensavo che comunque avrei perso la gamba. Non c’era più niente che potesse chiamarsi gamba. Mentre ero addormentata con la morfina mi portarono con l’elisoccorso in un ospedale.
Lì la curarono?
No, anche se era un ospedale prettamente ortopedico. Quando mi videro, pensarono che non c’era altro da fare che amputare la mia gamba. I miei valori non erano stabili e rischiavo la vita.
E cosa accadde?
Io dico che ho ancora la mia gamba grazie all’umiltà di questi dottori.
In che senso?
Perché potevano amputarla e nessuno avrebbe detto loro nulla. Chi poteva dimostrare il contrario? Nessuno poteva contraddirli. Hanno avuto l’umiltà di dire “noi non ci riusciamo”. La mia era una vera ferita da guerra. Allora hanno chiamato un medico del Tenon, un altro ospedale parigino.
Chi era questo medico?
E’ un luminare di chirurgia plastica e vascolare che, tra le altre cose, quando non lavora a Parigi, parte volontario nei Paesi di guerra per curare le ferite dei bambini sfregiati dalle bombe e dalle armi. Quando mi vide disse che la gamba era da amputare ma che voleva provare a salvarla. Fece un progetto di notte e l’indomani mattina mi operò. Disse ai miei genitori che non era sicuro di nulla. Ora le dico una cosa che non ho mai detto a nessuno.
Mi dica.
Il luminare chiese ai miei genitori da quale parte dell’Italia venissero. I miei dissero che erano siciliani e lui rispose: “ah bene, allora lavoro per la famiglia”. Poi scoprimmo che anche sua moglie è siciliana e che lui, molto legato alla Sicilia, aveva la sensazione di lavorare per la famiglia, la sua famiglia.
Molto commovente, mi creda.
Sì, è vero. Vede come ci si commuove?
Quanto è durato l’intervento?
Sei ore. Mi hanno preso carne dalla schiena per ricostruire la mia gamba. Il medico, quando è uscito, stremato, ha detto ai miei che l’intervento era andato bene, che avrei camminato e che aveva fatto il possibile e l’impossibile. E da lì siamo ripartiti.
Quante operazioni ha subito in tutto?
Otto interventi chirurgici.
Come mai?
Quattro sono stati i principali. I primi 2 per fissare il piede e per mettere il cemento medico con l’antibiotico, un altro per ricostruire la gamba e l’altro per prelevare pelle dalla mia testa per eliminare le cicatrici del mio corpo. Sono piena di cicatrici. Pensi che i medici erano dispiaciuti che mi dovessi rasare i capelli. Io ho detto loro che non era nulla per me tagliare a zero i capelli. Avevo una gamba scoppiata, cos’erano in confronto i miei capelli?
Le sono ricresciuti i bei capelli biondi?
Sì, certo. Ho subito altri interventi per la ricostruzione dell’osso. Hanno preso del midollo dal mio femore e hanno ricostruito la tibia. L’ultimo intervento l’ho fatto in agosto mirato all’allungamento del tendine e ad una capsulotomia per mettermi il piede in posizione.
Il piede come va adesso?
E’ quello che mi dà adesso più problemi. E’ rimasto bloccato ed ha una posizione che non è corretta e mi impedisce di camminare bene. Della gamba non mi posso lamentare. E’ venuta proprio bene. Io la adoro. Non doveva esserci e invece c’è. Camminare comunque è un problema. Cammino poggiando l’osso e quindi soffro ma per me va bene così. Sono viva. Adesso continuo con la riabilitazione ed ho fiducia nei medici.
Dove sta facendo la riabilitazione?
A Parigi. Sono tornata a Trapani per le feste ma riparto il 20. Tenteranno la riabilitazione fino a che non camminerò perfettamente. Se questo obiettivo non dovesse essere raggiunto, interverranno di nuovo chirurgicamente. Stranamente, quando ballo, non zoppico né mi fa male. Quando faccio la “baciata” per esempio, o mi butto a fare un liscio, nessuno si accorge che zoppico.
E’ un po’ come il balbuziente che quando canta non balbetta?
Esatto, è proprio la stessa cosa. Io spero di tornare a ballare la “mia” danza moderna.
I suoi genitori le sono sempre stati accanto?
La mia forza deriva dalla mia famiglia. Sono nata in una famiglia splendida. Siamo una famiglia allegra, di animatori, appunto. Potremmo animare un intero villaggio turistico. Questo è bello.
Questo è un messaggio bellissimo, Angela. Lei riesce a dare un messaggio di serenità nonostante la terribile avventura che avrebbe prostrato chiunque. Quale è il segreto di tutto questo?
Sono determinata, piena di energia positiva, battagliera. E poi sono convinta che l’ironia ci salvi dalla malinconia, come dice la canzone di Simone Cristicchi. Essere ironici ed autoironici ci salva la vita. Certo ho anch’io dei momenti di tristezza, di dolore, perché non riesco a camminare e mi innervosisco, ma li supero. Quando vedo che i miei genitori sono tristi, li consolo. Dico loro che in fondo “gambetta” funziona. E quando ridono sono felice. Ai miei genitori, soprattutto a mia madre, devo tutto. Mi è stata sempre vicina. A parte l’Angelo Custode Invisibile, ho anche quello Visibile, ed è lei. Ha lasciato tutto per essere accanto a me. Penso anche a tutto il bene che mi è arrivato da persone sconosciute. Ringrazio quelli che hanno pregato per me durante il coma, preghiere che io sentivo e che mi hanno fatto svegliare con una consapevolezza in più. Ho conosciuto tante persone belle. Chirurghi, infermieri, giornalisti, tutti fantastici. Mi hanno aiutato a superare il mio “meraviglioso, bizzarro incidente”.
Perché lo definisce così?
Mi dico che era improbabile che accadesse tutto questo. L’ho accettato ed ho conosciuto tantissime meravigliose persone che mi hanno dimostrato molto affetto.
Ad un anno dall’incidente, Trapani ricorda le vittime di Parigi?
Sì. Ci sarà una Messa in Cattedrale alle ore 11. Ci sarà il sindaco, il Prefetto e anche una rappresentanza di pompieri per ricordare. Sono contenta che questa “mia” Trapani mi sia stata vicina. Saremo uniti in preghiera soprattutto per le 5 vittime. Quattro morirono in strada con l’esplosione ed una donna, la quinta vittima, venne trovata morta, in casa, dopo giorni. Era rimasta schiacciata dal muro crollato per la violenta esplosione. Alle ore 18 ci sarà una partita di basket importante in cui verrà ricordato l’anniversario. Il mio buon Dio ha voluto che io vivessi e devo ricordare le vittime in questo modo. Io a casa festeggerò la mia seconda vita, la mia rinascita. Da quel 12 gennaio, è così.
Nella sua vita c’è spazio anche per l’amore, adesso? Facciamo un po’ di gossip per sdrammatizzare un po’?
Il mio ex fidanzato mi è stato tanto accanto. Io sono una persona buona ed allegra ma anche molto esigente con la persona che mi sta accanto. Ho un carattere forte e testardo. Riconosco di avere dei difetti importanti e credo che dopo “l’esplosione di Parigi” siano anche molto peggiorati. Sarà difficile trovare una persona che possa starmi accanto adesso. Resto positiva, alla peggio, faccio il bastone della vecchiaia a mio padre.
Lei è giovanissima, è troppo presto per dirlo.
Sì, ma è anche vero che sono insopportabile!
Continuo con il gossip. A questo punto le chiedo a quale segno zodiacale appartenga.
Sono ariete. Ho tutte le caratteristiche del segno. Forza, determinazione, testardaggine, e sono istintiva. L’ho già detto.
Bel segno, mi piace. Ci vado d’accordo, sono del leone. Preferisco i burberi ma sinceri arieti.
Ah beh, allora è facile. Un bel confronto.
Tiziana Sferruggia