“A Trapani è in atto un tentativo pericoloso: piegare la politica agli interessi di parte, trasformare le istituzioni in un terreno di conquista personale”. Camillo Oddo, già deputato regionale e vicepresidente dell’Assemblea siciliana, e attuale componente della direzione regionale del Partito Democratico non usa mezzi termini: “Non è in gioco il destino di un sindaco capace che ha lavorato bene, ma l’anima stessa della città. Dietro lo slogan ‘Tranchida dimettiti!’ si nasconde la volontà di mettere le mani sul Comune, piegando convenzioni, regole e procedure alla logica dell’arbitrio”. Un atto d’accusa diretto, che richiama le atmosfere del grande cinema civile di Francesco Rosi e denuncia il rischio che Trapani cada nel vortice del caudillismo, tra populismi di cartapesta e pericolose scorciatoie di potere.
Onorevole Oddo, nella sua nota lei parla del tentativo di piegare la politica a interessi di parte. Cosa intende esattamente?
Vede, se la politica è confronto – e io continuo a credere che lo sia – oggi a Trapani qualcuno tenta di piegarla, di trasformarla in uno strumento minaccioso per interessi ben precisi, evidenti e concreti. È un’operazione che nulla ha a che vedere con il bene comune: è una logica aziendalistica, addirittura padronale, che trova alimento in un falso populismo e, cosa assai antipatica, nella sensibilità sportiva del tifoso dei colori granata. Un pseudopopulismo che gioca con le difficoltà delle persone, lancia fumo negli occhi e prova a carpire la buona fede di chi, spesso, non ha tutti gli strumenti per comprendere bene e smascherare certe operazioni.
Lei accenna a uno scontro tra il Sindaco Tranchida e l’imprenditore Antonini. È davvero una questione personale?
No, ed è importante chiarirlo. Non è uno scontro personale. Ridurla a questo è una rappresentazione comoda, utile a chi non sa cosa dire e vuole evitare il confronto sulle questioni vere. Qui non è in discussione il sindaco Tranchida o il signor Antonini: qui si confrontano due idee di città. Da un lato il rispetto delle regole, delle procedure, dei tempi delle istituzioni. Dall’altro la pretesa di piegare tutto a un volere soggettivo, in nome di una filosofia del fare che, tradotta, significa: “faccio come mi pare e piace”. In più hanno la faccia tosta di tirare in ballo la Magistratura, che penso sia ben attenta quando a sproposito viene chiamata in causa. Insomma, sarebbe il caso di aggiungere una nuova tipologia di reato: “l’abuso dell’intelligenza altrui”.
Lei ha parlato dello slogan “Tranchida dimettiti!” come di un grimaldello politico. In che senso?
È uno slogan che cela un non detto: la volontà di mettere le mani sul Comune, su tutto l’impianto istituzionale. Una vera piovra che, articolando i suoi tentacoli, vorrebbe nascondere il vero obiettivo, che non è la caduta di un sindaco, ma l’occupazione di uno spazio politico e amministrativo funzionale a interessi forti. Si vuole sostituire la logica delle regole con quella dell’arbitrio. È lo stesso copione raccontato magistralmente da Francesco Rosi nel film “Le mani sulla città”: un potere che si legittima demonizzando chi governa e instillando sospetto.
Non teme che qualcuno possa ribatterle che, in passato, anche altri hanno usato la politica del sospetto?
È un’obiezione che immaginavo. Io non sono per niente d’accordo, ma anche se fosse… rispondere a una distorsione con un’altra distorsione non è la strada. Qui rischiamo di mettere in discussione le fondamenta delle istituzioni locali. La politica non può ridursi a un teatro del grottesco, a una farsa pirandelliana dove tutti recitano e nessuno costruisce. È inconcepibile che rappresentanti di partiti di governo si prestino a operazioni simili. Come è inconcepibile che qualche ex assessore, pentito dell’ultima ora, peschi nel torbido dopo essere stato detentore di deleghe importanti. Perché, se continuiamo così, chiunque vincerà le prossime elezioni si ritroverà a governare solo macerie sociali e una città lacerata.
Lei parla di “caudillismo”. È questa la vera minaccia?
Esattamente. Non si costruisce un progetto politico con il ricatto del “o con me o contro di me”. Non si governa una città con logiche pattizie da mercato rionale. E soprattutto non si può credere di guidare un territorio solo sfruttando i malumori fisiologici della gente. Questo è caudillismo, non pragmatismo. Trapani non ha bisogno di un caudillo: non siamo in America Latina. Abbiamo bisogno di una comunità che difenda le istituzioni e che sappia continuare a trasformare le ingenti risorse finanziarie ottenute, dopo anni di duro lavoro da parte del sindaco, dell’amministrazione comunale e della maggioranza consiliare, in opere concrete che stanno cambiando in meglio l’immagine della città.
Qual è, allora, la strada da seguire per Trapani?
Continuare con serietà e coerenza. Dire, senza mezzi termini, che il sindaco e l’amministrazione comunale sono persone perbene con capacità di governo non indifferenti. Battersi per sostenere che chi amministra ha il diritto-dovere di proseguire, di difendere il mandato elettorale che gli elettori gli hanno affidato, di proteggere le istituzioni e, nello stesso tempo, di aprirsi ulteriormente ai bisogni della comunità. Bisogna contrastare la barbarie politico-culturale, rintuzzare la politica che alimenta l’odio, rifiutare le provocazioni e rispondere con idee, valori e ideali. La storia politica di Trapani lo dimostra: la classe dirigente più avveduta di questa città ha saputo tenere testa a potenti di ogni risma e saprà farlo ancora. I cittadini non permetteranno che si avvelenino i pozzi della democrazia. Noi faremo la nostra parte, umilmente ma con un linguaggio chiaro e diretto.