Il peschereccio fantasma che non pescava tonni ma uomini…

Claudia Marchetti

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Il peschereccio fantasma che non pescava tonni ma uomini…

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martedì 02 Settembre 2025 - 07:35

Nel cuore del Mediterraneo, sbarcano uomini come se fossero pesci. Non è una metafora: è esattamente quello che è accaduto nella notte tra l’8 e il 9 agosto, quando un peschereccio tunisino è stato sorpreso mentre trasportava 18 migranti – tra cui donne e bambini – nascosti come contrabbando, ben lontano dagli occhi di un’Europa che finge di non vedere, e vicino alle coste marsalesi. Il comandante del natante, un tunisino irregolare sul nostro territorio, ha prima provato la recita della pesca: “Siamo qui per lavorare”, ha detto ai militari italiani in acque internazionali. Peccato che le reti fossero asciutte e che, dietro le sue spalle, poco dopo comparissero uomini e donne nascosti nella stiva, in condizioni precarie, stanchi e disperati. Scene già viste. Eppure, ogni volta, ci si stupisce. O si finge di farlo.

Questa non è solo la storia di un trafficante, né semplicemente l’ennesimo episodio di immigrazione irregolare. È il riflesso di un sistema che ha smesso di funzionare. I pescherecci tunisini fanno la spola tra le coste africane e i porti siciliani sotto lo sguardo impotente – o complice – di chi dovrebbe governare il fenomeno. La rotta tra la Tunisia e la Sicilia è diventata una corsia preferenziale per l’immigrazione fuori controllo, gestita spesso da reti criminali che conoscono ogni punto cieco del nostro sistema di sorveglianza. Dopo il salvataggio dei migranti, il peschereccio si è allontanato verso la Tunisia, indisturbato. Solo ore dopo, lo stesso natante è stato intercettato a Marsala, dove il comandante ha provato a dileguarsi. Fermato dalla polizia, ha detto di essere sbarcato in Italia “per paura di essere arrestato in patria”.

Oggi l’Italia si ritrova nel paradosso di gestire un’emergenza strutturale con strumenti provvisori. Si rincorrono numeri, si invocano respingimenti, si firmando intese con Paesi terzi che non hanno né i mezzi né la volontà per fare da argine. Ma la realtà è che l’immigrazione irregolare continua, anzi si professionalizza. Si pensi qualche anno fa alle rotte di lusso tramite yatch e la complicità di alcuni marsalesi. E i trafficanti si adeguano: usano pescherecci, camuffano i viaggi della speranza con le reti da pesca, contano sul fatto che ogni tanto qualcosa passi. Ci provano. Non hanno nulla da perdere. Nel frattempo, nei centri di accoglienza italiani, si accumulano storie di disperazione, burocrazia e attese infinite. Chi dovrebbe restare viene rimpatriato, chi dovrebbe essere espulso resta. E in mezzo, una politica europea che discute, convoca vertici, promette soluzioni. Ma sul molo di Marsala, come su tanti altri, le promesse non arrivano mai. Il fermo del comandante è solo una toppa su una falla che rischia di diventare voragine. Finché non si deciderà di affrontare la questione migratoria come un fenomeno complesso – fatto di rotte, criminalità, povertà, ma anche di responsabilità politiche e geopolitiche – continueremo a inseguire barche fantasma, mentre altri decidono chi sbarca e chi no.

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