Lo Zingaro devastato dalle fiamme, il direttore della Riserva: “Una ferita per sempre”

Carmela Barbara

Lo Zingaro devastato dalle fiamme, il direttore della Riserva: “Una ferita per sempre”

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mercoledì 30 Luglio 2025 - 06:53

Lungo la costa frastagliata che unisce Scopello a San Vito Lo Capo, in quel lembo di Sicilia dove la macchia mediterranea abbraccia il mare con fierezza millenaria, la Riserva Naturale Orientata dello Zingaro giace oggi ferita. L’incendio, scoppiato lo scorso 25 luglio, ha ridotto in cenere uno dei patrimoni ambientali più preziosi del Mediterraneo. Il bilancio è spietato: 1.600 ettari di vegetazione inghiottiti dal fuoco. Non un solo anfratto è stato risparmiato. Le immagini dei pendii anneriti, delle palme nane carbonizzate, dei cespi di Ampelodesma, pianta simbolo di questi luoghi, trasformati in fantocci spettrali, raccontano la misura del disastro. Un incendio così vasto e feroce non lo si ricordava nemmeno nel 2020, quando le fiamme ne divorarono l’80%. Stavolta è peggio. Questa volta non si è salvato nulla.

I danni sono immensi – afferma con voce provata Pietro Miceli, direttore della Riserva -. Dobbiamo ancora verificare le condizioni delle strutture, dei sentieri, delle staccionate, ma soprattutto valutare la sicurezza per i visitatori. Il rischio idrogeologico ora è altissimo: massi potrebbero staccarsi dalle pareti rocciose da un momento all’altro. Dopo un evento del genere e con gli anni la natura si riprende, sì, ma non completamente. Questa ferita rimarrà per sempre”. Miceli non nasconde l’amarezza. Il fuoco ha cancellato un paesaggio che non era solo patrimonio ambientale, ma anche spirituale, culturale, identitario. E ha spezzato l’equilibrio di un ecosistema raro. La fauna ha subito perdite ancora non quantificabili. “Gli animali che sono riusciti a fuggire si sono salvati. Ma temiamo che molti siano morti nel rogo. Effettueremo un censimento per capire l’entità della perdita anche da questo punto di vista”. Eppure la prevenzione non era mancata. La riserva, gestita con attenzione e professionalità, aveva attivato tutte le misure prescritte: fasce parafuoco, operai in guardia nei giorni di allerta rossa, presenza costante del personale sul territorio. Ma di fronte alla violenza del fuoco alimentato dal vento e dalle alte temperature, ogni sforzo si è rivelato vano. “Quando l’incendio parte – confessa Miceli – è quasi impossibile poi fermarlo”.

La ferita, però, non è solo ecologica. È economica, turistica, sociale. La Riserva dello Zingaro, con i suoi sentieri a picco sul mare, le calette d’acqua cristallina, i profumi di mirto e rosmarino, richiama oltre 250.000 visitatori l’anno, con picchi di 4.000 presenze al giorno ad agosto. Ora tutto è fermo. Le prime disdette iniziano ad arrivare. E la delusione cresce tra i turisti che giungono fin qui per poi scoprire cancelli chiusi, sentieri interrotti, strutture pericolanti e un paesaggio spettrale. Come già accadde nel 2020, la riserva è stata immediatamente chiusa. Allora ci vollero otto mesi per riaprirla in sicurezza. “Oggi non è possibile fare previsioni – conclude Miceli -. Ma una cosa è certa: per agosto la riapertura è da escludere. Ci vorranno mesi per capire cosa è andato perduto. E ancora di più per restituire alla riserva una parvenza di normalità”. Lo Zingaro era e tornerà ad essere un luogo di incanto, resiliente e tenace come la terra che lo ospita. Ma quel che è successo il 25 luglio resterà impresso nella sua memoria viva, come un bruciore sotto la pelle del paesaggio, un monito per il futuro, un urlo della natura che chiede ascolto. E rispetto. La ferita delle fiamme non si rimargina facilmente. Ma ogni cenere è anche promessa di rinascita.

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