In Sicilia ci sono comuni che aderiscono alla Rete nazionale delle Città che leggono, ma dove librerie e biblioteche scarseggiano. Un paradosso che racconta, più che un impegno per la promozione della lettura, una fotografia impietosa del divario culturale che separa il Sud dal Centro-Nord del Paese. I dati dell’Associazione Italiana Editori, raccolti da Pepe Research – e che verranno presentati domani a Palermo durante la manifestazione Una marina di libri – parlano chiaro: la Sicilia è fanalino di coda negli indici di lettura nazionali, con appena il 56% della popolazione sopra i 15 anni che dichiara di aver letto almeno un libro nell’ultimo anno. Un dato ben al di sotto della media nazionale e di 17 punti percentuali inferiore rispetto al Centro-Nord (73%).
Ma il problema non è solo culturale: è infrastrutturale. In Sicilia più di tre comuni su quattro (78%) non hanno una libreria. Sono 305 i centri abitati, piccoli e grandi, completamente privi di esercizi dove si possano acquistare o anche solo sfogliare dei libri. Un vuoto che coinvolge oltre 1,5 milioni di persone, il 31% dei siciliani, che non ha accesso a una libreria nel proprio territorio comunale. Anche le biblioteche non se la passano meglio. In Sicilia ce ne sono il 28% in meno rispetto al Centro-Nord, in proporzione alla popolazione, e hanno in media il 16% di libri in meno (2.738 volumi contro i 3.244 del Nord). Ma il dato forse più allarmante è che quasi la metà delle biblioteche siciliane (47,4%) è priva di un bibliotecario professionale, a fronte di un già problematico 25% nel Centro-Nord. Quanto all’uso effettivo, i prestiti bibliotecari parlano da soli: 31 ogni mille abitanti in Sicilia, contro i 741 del Centro-Nord. Per ogni libro preso in prestito da un cittadino siciliano, 24 ne vengono presi da uno del Nord.
Eppure, tra queste stesse realtà, molti comuni hanno aderito alla Rete delle Città che leggono, un’iniziativa promossa dal Centro per il libro e la lettura (Cepell) con l’obiettivo di promuovere politiche di sostegno alla lettura a livello locale. Una partecipazione, spesso, più formale che sostanziale. In alcuni casi, la presenza del titolo “Città che legge” è l’unico segno visibile di una politica culturale sul territorio. Il presidente dell’Associazione Italiana Editori, Innocenzo Cipolletta, lancia un appello: “Questi dati ci dicono chiaramente che la mancanza di infrastrutture per la lettura — biblioteche e librerie in primis — è strettamente legata ai bassi indici di lettura. Da qui dobbiamo ripartire”. Una speranza è rappresentata dal Piano nazionale cultura per le regioni del Mezzogiorno, che prevede 151 milioni di euro per le imprese culturali e creative e 177 milioni per promuovere la partecipazione culturale, partendo proprio dalla creazione e dal rafforzamento degli spazi dedicati alla lettura. L’auspicio è che questi fondi non si disperdano in microprogetti scollegati o in iniziative spot, ma che possano dare vita a un vero sistema del libro nel Mezzogiorno, in cui le Città che leggono possano finalmente contare anche su luoghi in cui i libri si trovano davvero.