Alla “Scurata” il concerto minimal e intenso del Castello delle Uova. La band si racconta

redazione

Alla “Scurata” il concerto minimal e intenso del Castello delle Uova. La band si racconta

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venerdì 29 Luglio 2022 - 09:20

Alla rassegna “a Scurata”, il 5 agosto, arriva “L’enigma del capitale” concerto-spettacolo del “Castello delle Uova”. L’inizio è previsto alle 19.30. Il titolo deriva dal concept che la storica band marsalese ha ristampato nel 2021 in edizione limitata su CD per Seahorse Recordings. Dopo Appunti sonori per una cosmogonia caotica (per Ondarock fra i migliori album del 2007), il gruppo sceglie di sparire dalle scene e ricomparire anni dopo.

Loro sono Abele Gallo (batteria), Pietro Li Causi (chitarre), Benny Marano (voce recitante), Ambra Rinaldo (basso), Salvatore Sinatra (piano elettrico e tastiere) con il featuring del cantautore Ninni Arini. Biglietti 15 euro zona A – 12 euro zona B.

Il ritorno live del Castello delle Uova è atteso esattamente dal 2018, dall’ultima esibizione a Rockarossa. Come sarà questo approdo al teatro a mare delle Saline Genna? Nuova veste? Nuove (rivisitate) sonorità?

A. Gallo: Una premessa è doverosa: tornare nella città dove siamo cresciuti e dove è iniziato questo sodalizio poco più che trentennale è importante per diversi motivi. In un territorio come il nostro, dove la scena rock si è ridotta a una sorta di scrigno dei ricordi, proporre i nostri brani inediti di stampo post-prog, maturati dopo anni di esperienze musicali e personali, rappresenta un modo per rivendicare una certa tradizione che ha portato, alla fine degli anni ‘80, alla nascita di un movimento che ha permesso ad alcuni di noi di crearsi uno spazio importante nel panorama musicale italiano e internazionale. Il pensiero di suonare la nostra musica in un contesto di alto livello come ‘a Scurata’ e, per giunta, su un palco con la scenografia naturale più bella del mondo rende l’attesa dell’evento come un momento da scolpire nel cuore e nella memoria.

P. Li Causi: Una precisazione: il Castello delle Uova è nato come band da studio. All’inizio del nostro percorso, fra il 2000 e il 2001, avevamo deciso di sparire dalle scene che io, Abele e Salvatore avevamo calcato con il nostro precedente gruppo, dedicandoci unicamente alla composizione e alla pubblicazione dei nostri lavori. Dal 2001 al 2007 abbiamo fatto pochissimi secret live per pochi intimi in case di campagna al tramonto. Poi, nel 2018, Gianfranco Marino ci ha fortemente voluti per Rockarossa, e allora… ci abbiamo preso gusto! Avremmo voluto fare prima questo live, ma il lockdown ci ha bloccato per un po’. Per il resto, sì… nuova veste per i brani. “L’enigma del capitale” è pieno di sovraincisioni e stratificazioni di suoni. Per preparare la ‘Scurata’ inizialmente eravamo stati tentati di prendere musicisti aggiuntivi per ricreare gli stessi mood dell’album. Poi però abbiamo deciso di scarnificare e ridurre all’osso. Saremo come… nudi.

S. Sinatra: Aggiungo anche che, in occasione della ‘Scurata’, daremo grande spazio all’improvvisazione, così come facevamo nei secret live di tanti anni fa. Insomma, sarà un concerto nello stile de “il castello delle uova” delle origini.

La vostra band nasce nel 2001 ed ha vissuto una vita precedente, per così dire, con i BraindeaD. Ovvero in un periodo in cui la musica era intesa in un’altra concezione. Come avete vissuto questo passaggio storico se non epocale, da musicisti e non solo?

P. Li Causi: Qualche trauma lo ha lasciato… abbiamo avuto non poche discussioni fra noi, e qualcuno non si è sentito di proseguire. Il fatto è che dopo dieci anni di BraindeaD – di cui io amo ogni secondo di storia vissuta insieme – non riuscivo più a pensare a linee di canto. Dopo “Ombre ancora luci” (N.D.R.: l’unico album in studio dei BraindeaD, del 1998) eravamo in una fase di stallo, e il castello delle uova è stato il cambiamento di cornice che – almeno io la vedo così – ci ha sbloccati. Certo, spiace un po’ non avere mai inciso in studio tutti i brani che i BraindeaD avevano composto in precedenza, di cui esiste solo una registrazione live che è circolata in audiocassetta… in tutta Europa. Ma chissà! In fondo, con Maurizio Mannone e Nicola Ratto siamo sempre in contatto.

S. Sinatra: Personalmente, penso invece che tutto ci sia scivolato addosso in maniera abbastanza naturale. Più che la musica siamo proprio cambiati noi. Se penso all’esperienza dei BraindeaD, la ricordo con molta nostalgia, ma ritengo che oggi non sarei più in grado di proporre quella musica. Siamo cresciuti: il che non vuol dire che siamo meglio o peggio di allora. Semplicemente, siamo diversi. È vero che il mondo che sta attorno alla musica è cambiato radicalmente in questi 20 e più anni. Dalle piattaforme e i dispositivi per l’ascolto alle tendenze musicali. Tutto questo l’abbiamo vissuto da osservatori più che da protagonisti. Certo, pure noi siamo passati dalle demo in audiocassetta al CD, ed infine alle piattaforme digitali sul web.

A. Rinaldo: Pensa che quello dei BraindeaD a Rockarossa è stato il primo concerto che io abbia mai visto nella mia vita! Avevo quattordici anni e fu per me un’esperienza memorabile, che mi colpì in piena pancia. Da allora ad adesso ho sicuramente costruito un percorso come musicista e come fruitore di musica, di arte e di teatro. Indubbiamente, i cambiamenti sono stati enormi, sia nella società che nell’industria di settore. Devo però dirti che il cambiamento in sé non mi ha mai spaventata; piuttosto guardo con tristezza a ciò che non cambia e che ci impedisce di realizzare il Cambiamento con la C maiuscola, di cui penso che tutti abbiamo un gran bisogno, almeno nel mondo occidentale. Ma in questo senso la mia voglia di costruire è di gran lunga maggiore della mia tristezza; quindi, mi lascio scivolare in questa metamorfosi ed imparo a modellarla sempre più rispettando i valori cui quotidianamente faccio voto. Uno di questi, ovviamente, è la Bellezza – sempre con la maiuscola.

A. Gallo: Personalmente sono ancora molto legato ai BraindeaD. Non è solo nostalgia del passato. È chiaro che bisogna adattarsi ai cambiamenti per non rimanere schiacciati, ma è pur vero che determinate emozioni non si possono reprimere. Non sarebbe giusto. Credo che, nel nostro caso, siano state più le esperienze personali e la nostra graduale maturazione a influire sul nostro modo di intendere la musica, non tanto la svolta epocale avvenuta in questi anni. Alla fine, non abbiamo mai cavalcato un’onda; siamo stati in compagnia del mare, rispettandolo, con lo stesso spirito del Vecchio di Hemingway. A proposito… voglio ricordare che alla Scurata porteremo con noi un altro pezzo dei BraindeaD: ospite d’onore per “Eserciti industriali di riserva” sarà Ninni Arini, che nell’ultima fase dei BraindeaD è stato la voce solista del gruppo.

B. Marano: Ho avuto l’onore di fare anche io un pezzo di strada con i BraindeaD. Ho partecipato come ospite e voce recitante a quello che è stato il loro ultimo concerto in un pub di Petrosino. In un brano che non è mai stato inciso interagivo con Ninni Arini in un misto di recitazione e canto che lasciava già intravedere le soluzioni di “Eserciti industriali di riserva”. Per il resto, negli anni in cui i ragazzi suonavano con i BraindeaD, io, che li osservavo da lontano, mi dedicavo al teatro. Sono stato direttore artistico del Gebel Hamed. Ma avevo già incontrato la musica con i TP Posse e con il mio compare Salvo Buffa, con cui portavo avanti il progetto di poesie in musica denominato “Maelstrom”, una roba elettropop ispirata a Nobuo Uematsu o alle atmosfere di Kenji Kawai.

Il vostro marchio è il prog-rock, di matrice anglofona ma non esclusivamente. Chi ha influito nel vostro background?

S. Sinatra: “Appunti sonori per una cosmogonia caotica”, il nostro primo album, era probabilmente una evoluzione del nostro modo di interpretare il prog, un tentativo di superare i canoni di quel genere. “L’enigma del capitale” è qualcosa di profondamente diverso. Noi definiamo il nostro genere post-prog, ma non sono sicuro che la definizione sia effettivamente calzante. La verità è che mentre io ho sviluppato la mia vena pianistica a discapito della ricerca sui suoni, Pietro ha seguito un percorso esattamente inverso, approfondendo notevolmente la sua ricerca sulle possibilità sonore offerte anche da un uso importante delle tecnologie digitali, diventando un po’ un tastierista aggiunto. “L’enigma del capitale” è una strana combinazione di suoni e paradigmi musicali in cui trovano spazio cenni di swing, di blues (la mia seconda passione musicale), di “capricci” ed anche di tessiture melodiche insolite per il nostro modo di esprimerci. I punti di riferimento, in questo quadro complesso, diventano molto difficili da individuare, almeno per ciò che mi riguarda. Personalmente ascolto musica di ogni genere, e non saprei dire di questi miei ascolti cosa c’è nel nostro lavoro. 

P. Li Causi: Da quello che mi risulta, siamo stati proprio noi a creare l’etichetta di ‘post-prog’, che oggi vedo sempre più usata. È stato nel 2007, in occasione dell’uscita di “Appunti sonori per una cosmogonia caotica”. Quando suonavamo nei BraindeaD eravamo innamorati – e io lo sono tuttora – di gruppi dell’età dell’oro del prog, come gli Area, il Banco, gli Yes, i King Crimson, i Rush, i Genesis. L’età dell’oro era però finita da tempo, e vedevamo attorno a noi tutta una serie di imitazioni stantie. Con i BraindeaD eravamo riusciti a creare un nostro linguaggio, a seguire i modelli del genere senza ripeterli pedissequamente. Ma molto del prog degli anni ’90 e degli anni ’00 ha conosciuto una deriva a dir poco disarmante: virtuosismo portato all’eccesso, melasse di elfi, locande, fate, orchetti. Robaccia, insomma. L’idea di essere associati a un genere che stava diventando pacchiano non ci piaceva più. E poi io ero sempre più onnivoro musicalmente e, nello stesso tempo, sempre più preso dalla scena post-rock e post-punk, dai Sonic Youth ai God Speed You! Black Emperor o, per andare a tempi più recenti, dagli Idles ai Fontaines D. C. Non posso poi non citare i Massimo Volume, da cui è venuta l’idea di sostituire il cantante solista con un attore come Benny. Per il resto, appunto, l’idea di base del post-rock – e del post-prog – è proprio quella di allargare a dismisura i confini, di… vietare di vietare.

A. Gallo: Per la mia crescita, oltre che i gruppi prog dell’età dell’oro citati da Pietro, non potrei non ricordare gli italiani il Rovescio della Medaglia e Il Balletto di Bronzo o… i Pink Floyd. Poi non vorrei peccare di presunzione, ma credo anche che il castello delle uova prenda spunto da fonti che non sono necessariamente musicali: a volte un riff di chitarra o un groove di batteria provengono da pugni allo stomaco o dal respiro interrotto da una gioia immensa.

A. Rinaldo: Finora nessuno lo ha detto, ma alla fine tutti noi abbiamo un forte background hard rock. Poi, ognuno ha sviluppato una sensibilità più sottile verso un particolare insieme di generi. Io, ad esempio, sono stata letteralmente folgorata dall’avant-jazz, che ho avuto la fortuna di suonare a Milano con il gruppo di Amirani Records e non solo. Il post-rock è stata una scoperta contemporanea a quel periodo, ed unitamente ai miei studi sulla storia della musica è diventato, soprattutto per me, il bacino più grande a cui attingere.  

B. Marano: Rispetto al resto del gruppo io sono quello che forse ha gli ascolti più… eterodossi. Da ragazzo amavo l’elettropop, o anche la dark wave. Gruppi come i Sisters of Mercy o i Cure, ad esempio. Ma soprattutto io sono un grande fan di Tom Waits, della sua musica e soprattutto… della sua voce. Poi, come dicevo, c’è il teatro, mia grande passione.

C’è anche molta “storia” nel vostro progetto. La storia della nostra Città, di Marsala, che si sposa con la vostra concezione musicale. Raccontateci di questo connubio, non immediato peraltro.

S. Sinatra:  Lascio a Pietro il compito di spiegare la “poetica” de “L’enigma del capitale”. Posso solo dire nel corso della gestazione del disco – abbiamo iniziato a lavorare nel 2016, se non erro – abbiamo molto riflettuto sulla catastrofe che incombeva sul mondo. Dopo la crisi economica del 2008 la percezione che avevamo era che fossimo appena all’inizio di un processo di escalation della crisi del sistema capitalistico e che le conseguenze sarebbero state gravi e pesanti. È singolare che proprio mentre avevamo appena iniziato il mixaggio sia esplosa la bomba della pandemia, conseguenza ecologica del disastro economico generato dal capitalismo. Poi c’è la storia della nostra città, del bombardamento dell’11 maggio del 1943 e dell’assassinio di Vito Pipitone ad opera della mafia la cui mano era guidata dai proprietari terrieri siciliani – i capitalisti dell’epoca. 

P. Li Causi: Ha già detto tutto Salvatore. “L’enigma del capitale” vuole raccontare in musica proprio tutto questo. Il titolo dell’album deriva da un saggio di David Harvey uscito in Italia per Feltrinelli nel 2011, “L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza”. L’idea iniziale era quella di creare una sorta di colonna sonora del libro. Poco prima, però, avevo avuto un’altra illuminazione: nel 2009 mi trovavo a Philadelphia, in USA. Girando per la città sono rimasto colpito dalla desolazione delle strade, dagli sguardi bassi e dall’andatura mesta dei passanti, gente comune travolta dalla crisi economica del 2008. A quegli sguardi e a quell’andatura, in un attimo, si sono sovrapposte nella mia mente le immagini della Marsala distrutta dal bombardamento dell’11 maggio del 1943 (visibili qui https://www.youtube.com/watch?v=ZFIRuPXEb8k). Ho capito che raccontare la distruzione di una città – la città in cui io, Ambra, Salvatore e Abele siamo nati – poteva essere una metafora potente per raccontare la guerra invisibile che il capitale conduce contro il lavoro e i lavoratori. Marsala bombardata è l’allegoria di un’umanità privata progressivamente dei suoi spazi vitali, di un potere che inquina gli ecosistemi in cui viviamo, che depreda e atomizza la società, drenandone le risorse e bruciandole. Marsala, però, non è solo un’allegoria: è una città che ha avuto una tradizione antagonista importante. Parte di questa tradizione abbiamo voluto raccontarla, anche andando a ripescare la viva voce di chi l’ha animata. Fra questi c’è stato mio padre (N. d. R.: Gaspare Li Causi), che è stato fondatore della CGIL scuola di Marsala e poi consigliere comunale e assessore per il Partito Comunista Italiano.

A. Gallo: Io, ad esempio, prima che il papà di Pietro ce la raccontasse, non conoscevo la vicenda di Vito Pipitone. È per questo che abbiamo deciso di integrare questa testimonianza viva nell’impasto sonoro del nostro album. Porre l’attenzione su un fatto che la stragrande maggioranza dei nostri concittadini non conosce serve a mantenere vivo il ricordo di chi ha lottato e ha pagato con la vita le lotte per il raggiungimento di un ideale e per la concezione della giustizia intesa nel senso più puro del termine. Essere testimoni anche solo nel ricordo può servire a smuovere le coscienze e a dare un messaggio di speranza alle nuove generazioni. In questo particolare momento storico ce n’è proprio bisogno.

B. Marano: In quanto ‘eterodosso’, io sono l’unico del gruppo a non avere origini marsalesi! Vivo a Brescia – il che complica un po’ l’organizzazione delle prove e delle sedute di incisione –, ma sono nato a Trapani. È chiaro quindi che i testi che ho scritto io esplorano in parte una direzione diversa rispetto a quelli scritti da Pietro: il senso di fallimento di una generazione, la nostra, che non ha avuto il coraggio di prendere il palazzo di inverno, l’espandersi delle macerie umane – e non – che ci circondano. Sì… forse sono decisamente il responsabile delle tonalità più dark dell’album.

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