La traversata è stata lunga, ma anche la Sicilia ormai vede da vicino l’uscita dal tunnel. Oltremodo sofferto è stato il cammino che ha accompagnato i siciliani, dall’autunno fino alla fine della primavera, e che ha determinato restrizioni, sacrifici e disagi per gran parte della popolazione. Numerosi anche i lutti, che hanno privato numerose famiglie dei propri congiunti per decessi riconducibili al Covid.
Senza voler mancare di rispetto a chi è stato maggiormente colpito nei propri affetti, si fa strada in questi giorni un comprensibile senso di eccitazione verso una data, il 21 giugno, che dovrebbe riportare l’isola in zona bianca, restituendo qualcosa di molto simile alla normalità.
Allo stato attuale, non siamo in condizioni di sapere cosa accadrà da settembre in poi, ma è certo che rispetto alla scorsa estate si potrà contare sugli effetti benefici della campagna vaccinale, che nonostante qualche rallentamento tra marzo e aprile, si avvia a raggiungere numeri e percentuali che dovrebbero consentire una maggiore serenità anche nei prossimi mesi. Ci si potrà riappropriare della socialità perduta, che tanto ha pesato sugli stati d’animo collettivi, ma soprattutto dei più giovani e dei più anziani, che per motivi diversi hanno maggiormente sofferto le rinunce richieste dal governo per il contenimento dei contagi. E, magari, anche di un ospedale che funzioni a pieno regime qui a Marsala, tenuto conto che i ricoveri si sono ridotti notevolmente e non ci sono più pazienti in terapia intensiva.
Di qui a immaginare un “liberi tutti”, ce ne corre. E, per certi versi, è anche difficile immaginare di passare, senza vertigini, dalla cautela di oggi alla spensieratezza di domani.
Però un pezzo importante di strada lo abbiamo attraversato, con sacrificio e sofferenza e cominciare a ragionare sul post Covid adesso appare inevitabile. Perchè se finora ci si è comprensibilmente concentrati sugli aspetti sanitari della pandemia, al di là dei ristori e del Recovery Plan, si apre un orizzonte complesso e pieno di incognite. Com’è stato più volte ripetuto, anche da Papa Francesco, dopo la pandemia non si può immaginare un mondo che riprenda a girare secondo le modalità del recente passato.
La politica – a tutti i livelli – ha il dovere di accantonare i riti e le strategie degli anni scorsi per tornare ad essere il luogo in cui si fa l’interesse pubblico, così come la burocrazia e il mondo del lavoro andrebbero radicalmente riformati, abbandonando gli schemi del passato, che hanno portato tanti a preferire il sommerso o il reddito di cittadinanza a un impiego precario e sottopagato.
E poi c’è il Sud, che ha il dovere di imporre il tema dell’abbattimento delle diseguaglianze territoriali in cima all’agenda politica nazionale.
Del resto, il governo Draghi era entrato in carica a febbraio anche con questi presupposti: superata l’emergenza e condotta a termine la campagna di vaccinazione, resta molto lavoro da fare per trasformare la crisi di questi anni in una reale opportunità di ripresa.