La Corte d’Assise del Cairo ha rinnovato di altri 45 giorni la detenzione del ricercatore egiziano all’Università di Bologna Patrik Zaki. Lo riferisce la sua legale, Hoda Nasrallah all’Ansa, sottolineando che è stata inoltre respinta la richiesta, presentata ieri dalla difesa, di un cambio dei giudici che seguono il caso. L’udienza si era svolta ieri ma l’esito si è appreso solo oggi.
Ieri i legali del giovane attivista avevano fatto sapere delle precarie condizioni psicologiche in cui versa Zaki che è in arresto dal 7 febbraio 2020.
Zaki, nell’intento di tornare in Egitto dall’Italia per fare visita ai parenti, dopo l’atterraggio all’aeroporto del Cairo nel febbraio dello scorso anno, è stato catturato dagli agenti dei servizi segreti.
I capi d’accusa formulati nel mandato d’arresto sono: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. Nello specifico gli vengono contestati alcuni post su Facebook. Secondo i mezzi d’informazione governativi egiziani, Zaki sarebbe attivo all’estero per fare una tesi sull’omosessualità e per incitare contro lo stato egiziano.
Secondo il suo avvocato, il giovane è stato bendato e torturato per 17 ore consecutive con colpi allo stomaco, alla schiena, e con scariche elettriche inflitte dalle forze di sicurezza egiziane, oltre a essere stato interrogato a riguardo della sua permanenza in Italia, del suo presunto legame con la famiglia di Giulio Regeni e del suo impegno politico, venendo inoltre minacciato di stupro.