Ha scatenato non poche reazioni l’articolo pubblicato mercoledì sulle pagine siciliane di Repubblica, in merito alle ultime operazioni antimafia nel trapanese. A far discutere, anche sui social, non tanto la cronaca di fatti assolutamente incontestabili, ma il titolo “Trapani capitale di mafia tra vecchi e nuovi affari targati Messina Denaro”.
Sulla vicenda intervengono anche il sindaco del capoluogo Giacomo Tranchida e la presidente del Distretto Turistico Sicilia Occidentale Rosalia D’Alì.
Duro il primo cittadino, che parla di “mascariamento” e scrive una lunga nota a difesa dell’onorabilità della sua comunità. “Questa Trapani, fatta da tanti figli eletti e sacrificati, ma non dimenticati, hanno contribuito a formare valori di testimonianza e nuova etica, ulteriori volontà civiche lottano e continuano a farlo insieme a magistrati ed operatori delle forze dell’ordine, prefetti e funzionari pubblici, giornalisti e semplici cittadini, giovani, donne e uomini, diversamente impegnati nel quotidiano sociale come a scuola, in politica e nelle istituzioni, ma sopratutto negli strati sociali più in difficoltà oltre che professionali ed imprenditoriali, perché il vento del cambiamento della vera, laboriosa, multietnica ed onesta Trapani sprigioni la forza che spazzi la paura, alimenti la fierezza dell’alzare testa e con sguardo diritto guardi al futuro, memore del passato. Non si tratta di non comprendere che nel campo giornalistico i “titoli” richiamano l’attenzione, e che non sono l’articolo, ma di certo rappresentano parte di esso, quale sintesi “ragionata”, costituendo facile veicolo di comunicazione e creando grave pregiudizio. Ed ancora, accertato che un politico od un sindaco chiede voti ai mafiosi, a prescindere se si mette a “disposizione” o meno, va comunque bandito da una società civile, così come un pubblico funzionario corrotto e/o correo o comunque chiunque cittadino od imprenditore scelga tortuose strade, comunque non può essere “assolto”. Ma 1, 10, 100… tra politici, sindaci, pubblici funzionari, imprenditori e cittadini, ben oltre il potere che potevano o possono esercitare, di certo non sono una città, non rappresentano una comunità e sopratutto non sono la città di Trapani che considera la mafia una montagna di merda. Ma questa “merda” non può mascariare chi prova a spalarla, schivarla o a porre in essere azioni ed opere di bonifica, sociale e civile. Trapani, diversamente, anche sotto il profilo del rinnovamento culturale e dell’incipit civico, non a caso ha voluto richiamare ad uno sforzo progettuale ed insieme di rilancio culturale un intero territorio, inserendo nel dossier di candidata a Capitale Italiana 2022 delle Culture Euromediterranee, e senza nasconderne sotto il tappeto la polvere, attività correnti e progettualità nuove di riscatto anche e non a caso nel campo delle azioni civili e di contrasto alla cultura mafiosa od alla subcultura che da essa emana. Ed a voluto farlo con pubblica partecipazione e con le comunità democraticamente elette, con le istituzioni, con le scuole e i giovani, l’associazionismo diffuso, con imprenditori, testimonial e cultori della memoria come dell’arte e della storia vera di Trapani. Probabilmente non possiamo concorrere al titolo su Repubblica di Capitale Italiana della Cultura, ma di certo, Trapani non accetta la “proclamazione” per titoli di Capitale di mafia, poiché benissimo sa, ogni giorno, seppur in mezzo a mille difficoltà, esame dopo esame, di essere sempre più maggioranza ed assai ampia rispetto a quella sparuta minoranza che può sporcarle la dignità civica e valoriale innanzitutto, offuscandone la bellezza delle proprie origini ed il futuro laborioso di riscatto e di nuove conquiste attese… e pretese, sopratutto dai nostri giovani e da chi domani verrà. Tutti noi abbiamo il dovere ed in ogni dove d’impegnarci e lottare per lasciare questa terra migliore di come l’abbiamo trovata, ma di certo non consentiamo ad alcuno di sporcare la dignità collettiva di una comunità e dunque della città di Trapani”.
Infine, Tranchida conclude la sua nota
rivolta a Salvo Palazzolo che il citato titolo “può far piacere,
oltre al sadico autore, solamente a Matteo Messina Denaro, alla sua
manovalanza od a qualche suo prestanome o sparuti mimetizzati
soggetti… non certo ai trapanesi e ai cittadini onesti, in ogni
dove”.
La presidente del Distretto Turistico Rosalia D’Alì accusa Repubblica di “generalizzare l’ingeneralizzabile”, e di proporre “una sciocca, fuorviante ed inutile stereotipizzazione di un fenomeno grave e certamente esistente (a scanso di equivoci!) come quello mafioso che finisce per offendere in maniera incontrovertibile ed oggettiva, addirittura infamandola, la maggioranza dei cittadini onesti e perbene che compongono la città di Trapani e la nostra provincia”.
“A questa gente – scrive Rosalia D’Alì – è stata gettata dinanzi, ancora una volta, l’infamia della mafia, senza distinzioni di sorta e senza alcun rispetto, ma con la spietatezza di chi ha già provveduto, con l’uso della parola, ad emettere la propria sprezzante sentenza di condanna di un intero territorio. Danneggiando per di più in maniera irreparabile anche la candidatura di questa meravigliosa città, Trapani, a Capitale italiana della cultura. Riteniamo allo stesso modo grave, peraltro, il titolo scelto per la copertina dell’edizione regionale, cioè “Vecchi e nuovi affari. Trapani mafia capitale”, quasi a voler riprendere, con un gioco di parole, un caso che ha inglobato per mesi le cronache giornalistiche nazionali, cioè “Roma mafia capitale”. Riteniamo anche questo assolutamente inaccettabile. Un titolo non è un articolo ma è senza ombra di dubbio una parte di esso. Ne è la sostanza, la sintesi “ragionata” e, spesso, finisce purtroppo anche per esserne l’unica parte a ricevere le giuste attenzioni da parte del lettore. Per questo andrebbe scelto con rigorosa attenzione e, soprattutto, come in questo caso, col rispetto e col tatto che si deve nei confronti di un contesto territoriale che, come tanti altri, lotta contro il fenomeno mafioso con le proprie forze migliori e che, a causa di esso e della sua ferocia, ha subito la perdita di molte, preziose, vite umane. Nostri amici, nostri fratelli, per la cui giustizia continuiamo e continueremo a batterci.
Ferma la libertà di stampa che è un diritto sacrosanto e preso comunque atto dei gravi fatti di cronaca che la Magistratura saprà certamente approfondire individuandone eventuali reati, dunque, non intendiamo accettare passivamente questo modo di fare giornalismo. Nessuno può e deve pensare di averlo potuto fare senza che qualcuno intervenisse né di poterlo fare ancora. Neppure (e soprattutto) chi ha il dovere di informare e di creare opinione pubblica, e che ha in mano un’arma importantissima e potente che dovrebbe colpire dritto al cuore, quasi sbeffeggiandolo, un intero territorio. Non ci stiamo e non lo consentiremo. Ed è per questo che adotteremo ogni iniziativa a tutela dei trapanesi, dell’immagine della città e dell’onore che, a scanso di equivoci, non è quello mafioso. É semplicemente la nostra dignità, oggi profondamente lesa”.