Il vescovo di Mazara Angelo Giurdanella: “Sostituiamo la rassegnazione con la cultura della partecipazione”

Vincenzo Figlioli

Il vescovo di Mazara Angelo Giurdanella: “Sostituiamo la rassegnazione con la cultura della partecipazione”

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venerdì 19 Dicembre 2025 - 06:30

Il 2025 sta per concludersi. E’ stato un anno denso di avvenimenti internazionali che hanno destato apprensione in tutto il mondo, tra vecchi problemi e nuove incognite. In uno scenario di questo genere, il vescovo della Diocesi di Mazara Angelo Giurdanella è stato guida spirituale, ma anche punto di riferimento per la comunità, di fronte ai vari fronte di crisi – sociale, economica, morale – che hanno interessato il territorio.

Eccellenza, che anno è stato il 2025 e con quali auspici la comunità deve prepararsi al prossimo Natale?

E’ trascorso un anno in cui abbiamo programmato tramite la lettera pastorale “Quel pane necessario”, che è stata recepita dalle parrocchie. Abbiamo incontrato tutti gli organismi partecipativi, il cammino sinodale per noi è questo. Ci accingiamo adesso a concludere il Giubileo della speranza: è stato un tempo di grazia per la nostra comunità. Molti sono andati a Roma, altri hanno avuto modo di riflettere. Il Giubileo ci ha permesso di essere in cammino, di aiutarci a riscoprire la centralità dell’eucarestia, che ci sta impegnando nella logica del dono, affinchè porti frutti di pace. Tutto ciò si consolida ulteriormente con il Natale. In occasione di queste festività, invito a coltivare la delicatezza nei rapporti, come fece Maria tenendo in fasce il Bambino Gesù; accrescere il coraggio nelle scelte, come fece Giuseppe, prendendosi cura di Maria e Gesù e salvandoli dalla prepotenza di Erode; praticare la comunicazione come i pastori, sostituendo lo stordimento di una comunicazione veloce con una comunicazione autentica, fatta di vicinanza fisica e del guardarsi negli occhi; ricercare la verità, come fecero i Magi seguendo le stelle e ascoltando la voce dell’Angelo. Anche noi vogliamo ascoltare la parola del Vangelo, che diventa pazienza, prossimità. Natale è la festa della luce: dobbiamo essere capaci di andare oltre le luminarie e ritrovare la luce dentro di noi, a partire dall’ascolto della voce di Dio. Abbiamo bisogno di avere uno sguardo verso l’alto, che ci consenta di guarire da relazioni malate.

Il 2025 è stato anche l’anno della morte di Papa Francesco e dell’elezione di Papa Leone. I giornali, soprattutto all’inizio, si sono soffermati molto su elementi di continuità e discontinuità tra i due pontefici. Lei come ha vissuto questo passaggio?

Leone non è il successore di Papa Francesco, ma di Pietro. Il Papa è, comunque, garanzia di unità, ci aiuta e ci unisce nella fede, al di là del nome. Poi, ognuno mette il suo stile. Papa Francesco ha indicato alla Chiesa un percorso secondo la parola del Vangelo. Papa Leone sta facendo fare alla Chiesa un percorso che va in profondità. Abbiamo accolto la profezia di Papa Francesco, oggi accogliamo il bisogno di sostare nella scrittura e raccogliere questa eredità, lanciandola nella vita del mondo.

Cosa pensa del recente appello alla clemenza verso i detenuti lanciato nei giorni scorsi da Papa Leone?

Ogni persona ha al suo interno un germe di bontà. Si tratta di far leva su questa bontà e tirarla fuori. Il carcere dovrebbe riscoprire la logica rieducativa: se messe a disposizione degli altri, queste risorse possono diventare vita buona. Abbiamo molte testimonianze di gente che ha cambiato vita. E, del resto, Gesù insegna che è possibile cambiare.

Il nostro tempo continua a essere segnato dolorosamente da guerre che incidono anche nell’immaginare il nostro futuro e quello delle nuove generazioni.

Dobbiamo sostituire alla violenza pensieri di pace. E come ci ripete Papa Leone, serve una pace “disarmante e disarmata”. Bisogna partire dal disarmo delle parole, a cui occorre sostituire gesti di vicinanza, per instaurare relazioni positive.

La Diocesi di Mazara comprende un territorio complesso, che quotidianamente fa i conti con problemi economici, sociali e condizionamenti legati alla presenza della criminalità organizzata. Come ha visto cambiare il territorio in questi anni in cui ha guidato la Diocesi?

Il nostro è un territorio ricco di risorse, ma con tante criticità. In questo tempo bisogna crescere maggiormente nella solidarietà per vincere l’individualismo, che è causa di tanto malessere. E poi bisogna sostituire alla rassegnazione la cultura della partecipazione. Per questo la Diocesi è stata vicina, in questi anni, a chi ha vissuto la crisi agricola, o a quella della pesca, seguendo anche i problemi legati all’acqua. Non sono temi estranei alla Chiesa, ma temi che riguardano le persone che ci interpellano. Nonostante tutto, in questi anni ho visto uno Stato sempre più presente, non solo con la magistratura e le forze dell’ordine, ma anche con tanti insegnanti molto impegnati.Bisogna dunque uscire dall’individualismo e andare verso la partecipazione. Siamo stati anche vicini ai problemi della sanità, ai più fragili, ai tossicodipendenti con i nostri sportelli di ascolto. E abbiamo notato che il territorio ha voglia di partecipare e farsi coinvolgere. La speranza, di cui parlavamo prima, è fatta di grandi orizzonti e piccoli passi. L’invito è di coltivare atteggiamenti di ricerca di senso; riscoprire la centralità dell’eucarestia; esercitare una scelta coerente di bene, attraverso la logica del dono, che passa da giustizia, pace e speranza.

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