La lunga marcia verso la separazione delle carriere: una riforma che serve a pochi

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

La lunga marcia verso la separazione delle carriere: una riforma che serve a pochi

Condividi su:

giovedì 06 Novembre 2025 - 06:45

Se ne parla con insistenza da più di 30 anni. Dai tempi di Tangentopoli, per intenderci. Fu uno dei cavalli di battaglia di Silvio Berlusconi, ma nonostante tutto il fondatore di Forza Italia non riuscì a portare al traguardo la riforma sulla separazione delle carriere, peraltro già presente nel cosiddetto “Piano di rinascita democratica” elaborato dalla P2 di Licio Gelli. C’è voluta Giorgia Meloni, con un ex magistrato come Carlo Nordio al Ministero della Giustizia, per riuscire a percorrere l’ultimo miglio di una lunga marcia. Come ci siamo arrivati?

Nell’opinione pubblica, la magistratura – purtroppo – non gode più del consenso degli anni ’90, quando la Procura di Milano e il pool antimafia di Palermo sembravano aver interpretato il desiderio di giustizia della popolazione italiana. Poi, come detto, ci sono stati 30 anni di lavaggio del cervello mediatico sulla necessità di separare le carriere per garantire una giustizia “al di sopra di ogni sospetto” (soprattutto a beneficio dei colletti bianchi), cui si è aggiunto in corso d’opera il “caso Palamara”, che ha gettato non poche ombre sul carrierismo all’interno della magistratura. Nel frattempo ci sono stati anche i processi mediatici sui casi di cronaca, sbattuti continuamente in prima e seconda serata a instillare dubbi anche su sentenze confermate in Cassazione. Ciliegina sulla torta degli ultimi anni, l’attacco globale delle destre sovraniste alla separazione dei poteri, considerata come un fastidioso limite all’azione degli eletti dalla volontà popolare. Se poi, contestualmente, si riducono gli uffici giudiziari sul territorio e il personale che opera nei Tribunali è sempre al di sotto delle piante organiche previste, è chiaro che alla propaganda si aggiungono difficoltà di sistema, che hanno inevitabili ripercussioni sul funzionamento del servizio e anche sul rapporto fiduciario tra i cittadini e gli operatori della giustizia. Anche perchè, nello stesso tempo, le cronache quotidiane hanno alimentato una percezione di insicurezza che tiene in ansia gran parte della popolazione.

E’ su questi aspetti che le istituzioni politiche dovrebbero agire, adeguando gli organici degli uffici giudiziari alle reali esigenze dei territori, fornendo nuovi e più moderni mezzi di indagine alle Procure che operano nei contesti a più alta infiltrazione criminale, ragionando su come rendere effettivo quel principio di “certezza della pena” che dovrebbe essere alla base del patto sociale in uno Stato democratico, secondo una logica di piena uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Siano essi nullatenenti o rappresentanti della classe dirigente.

Di tutto questo, però, nel dibattito politico c’è poca traccia. Come ammette il Ministro Nordio, “con questa riforma non ci saranno più invasioni di campo dei pubblici ministeri”. Che è come dire che sarà più difficile immaginare inchieste giudiziarie che coinvolgano il mondo politico. E’ la loro priorità, ma non si può dire che sia la priorità degli italiani, che dalla separazione delle carriere non otterranno nessun reale beneficio nel loro rapporto con la giustizia.

Condividi su:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Commenta