Nel regno fluttuante delle Egadi: danza di meduse e rimedi d’estate

Carmela Barbara

Nel regno fluttuante delle Egadi: danza di meduse e rimedi d’estate

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martedì 26 Agosto 2025 - 07:00

C’è un momento, in certe mattine di giugno, in cui il mare intorno alle Egadi sembra respirare più lentamente. La luce filtra tra le onde come seta liquida, e qualcosa si muove nell’acqua, con la grazia sospesa di un pensiero. È lì che appaiono loro: le meduse. Creature fragili e ipnotiche, che sembrano disegnate dal vento e dalla luna, eppure capaci di ricordarci con un solo tocco quanto il mare sia un mondo che non ci appartiene davvero.

Non c’è stagione alle Egadi senza il loro lento, silenzioso passaggio. A Favignana, Levanzo e Marettimo, tra fondali smeraldo e grotte sottomarine, danzano leggere come sogni antichi. Alcune sembrano lampade accese nel blu, altre fiori di vetro, altre ancora piccole astronavi biologiche con un carico urticante. Eppure, tutte raccontano una verità: il Mediterraneo sta cambiando. E loro, messaggere trasparenti, ce lo dicono meglio di chiunque altro.

Veli di mare

La più celebre, e temuta, è Pelagia noctiluca, la “luminosa della notte”. La sua bellezza, tutta rosa e trasparenze violacee, è un incanto che punge. Letteralmente. I suoi tentacoli sono il terrore dei bagnanti, ma anche un piccolo prodigio biologico: cellule urticanti, chiamate cnidociti, pronte a reagire al minimo contatto. Basta sfiorarla, e il ricordo rimane per ore, a volte giorni.

Poi c’è Cotylorhiza tuberculata, che i pescatori chiamano con affetto “cassiopea del Mediterraneo”. Inoffensiva, solare, quasi buffa nel suo aspetto giallognolo, sembra una medusa uscita da un cartone animato. Nuota pigramente nelle acque calme di fine estate, nutrendosi di luce e alghe microscopiche che crescono dentro di lei. È la versione buona della storia.

In fondo al racconto, però, si fanno strada nuove protagoniste. Alcune misteriose, come la Rhopilema nomadica, arrivata dal Mar Rosso con le correnti e i cargo. Altre inquietanti, come la Physalia physalis – la temibile “caravella portoghese”, più simile a una trappola galleggiante che a un essere vivente. Non è una vera medusa, ma un insieme di organismi che collaborano, e il suo tocco è una frustata chimica.

Quando il mare punge

Capita. Un bagno tra i flutti, un attimo di disattenzione, e il dolore arriva come una scintilla improvvisa. Non serve farsi prendere dal panico, ma nemmeno ignorarlo.

Il primo gesto è semplice: uscire dall’acqua con calma. Poi, risciacquare la zona colpita con acqua di mare, non dolce – che, contrariamente a quanto si pensa, rischia di peggiorare la situazione facendo esplodere le cellule urticanti ancora attive. Se restano tentacoli sulla pelle, meglio rimuoverli con delicatezza, usando una pinzetta o anche un oggetto rigido come il bordo di una carta di credito.

Il calore è un alleato: impacchi caldi (40-45°C) possono alleviare il dolore e neutralizzare parte delle tossine. Alcuni rimedi naturali, come aceto o ammoniaca, funzionano per certe specie, ma non sono universali: meglio chiedere consiglio in loco. E se compaiono gonfiore anomalo, difficoltà respiratorie o nausea, serve l’intervento di un medico. Il mare non è mai un gioco, e le meduse lo ricordano senza sconti.

Meduse: allarme o alleate?

Non sono nemici da combattere, ma segnali da ascoltare. Le meduse non invadono il mare: rispondono. Alla pesca eccessiva che elimina i loro predatori naturali. Al riscaldamento delle acque, che prolunga il loro ciclo vitale. All’inquinamento che altera l’equilibrio del plancton.

Alle Egadi, nell’Area Marina Protetta più grande d’Europa, si lavora da anni per convivere con loro. Reti anti-meduse, avvisi in spiaggia, educazione ambientale: non si tratta di combattere, ma di capire. Di riconoscere che la bellezza non è sempre innocua, e che anche la trasparenza può pungere.

Eleganza del pericolo

C’è qualcosa di profondamente poetico in queste creature. Nel loro fluttuare privo di intenzione, nell’alternarsi di luce e dolore. Sono presenze che sfiorano, disturbano, ammaliano. In fondo, come certi amori estivi: bellissimi, imprevedibili, e destinati a lasciare il segno.

Alle Egadi, tra le pieghe del vento e le trasparenze del mare, anche una puntura può diventare racconto. Basta saperla ascoltare.

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