In tempi social, dove si ‘scrolla’ e non si legge, dove tutto è approssimativo, dove le chiacchiere da bar si sono trasformate in commenti pubblici pressapochisti e aggressivi, in cui la critica costruttiva è stata maltrattata e svuotata, tutto finisce in un calderone dove cultura e sottocultura si mescolano pericolosamente. Esempio lampante di questo “milk shake” è il tema dell’Unione Europea. Il Piano della tedesca Ursula Von Der Leyen prevede il riarmo dei singoli stati UE per una cifra da 800 miliardi di euro, facendo scatenare una serie di interventi pro e contro. “Tante città una piazza per l’Europa”, l’iniziativa guidata dal giornalista Michele Serra a Roma, è stata un successo. Il problema è che a scendere in Piazza del Popolo c’erano tutti, chi è contro il riarmo e chi è a favore di un esercito unito.
Una confusione raccolta da Marco Travaglio che ha evidenziato come fino a 30-25 anni fa, le idee diverse su un tema come l’Europa nella stessa piazza avrebbe portato a disordini: “Quando manifestavamo contro le guerre, non c’erano i favorevoli e i contrari come adesso, sapevamo su cosa protestare”. Un caos che trapela dai giornali e dal web creando smarrimento su un tema attuale. E probabilmente è quello che i nostri governanti vogliono. Sappiamo quanto siano bravi a creare specchietti per le allodole. Questo stato di cose porta ad interpretazioni piuttosto supponenti e farraginose delle esternazioni fatte da artisti e intellettuali, gli unici rimasti a difendere ideali, diritti, Costituzione, grammatica italiana.
Ed ecco che un Roberto Vecchioni viene definito un esaltato suprematista per aver dichiarato di credere nell’Europa e nell’umanità, in una società sana da consegnare ai giovani; o un Roberto Benigni che su Rai Uno parla di un’Europa che “rifugge le armi e la guerra, che sa di bene e di speranza” in un italiano così chiaro che lo comprende persino un bambino, essere additato di fare propaganda europeista. Certo, di contro potremmo dire che sull’UE si dicono tante belle parole di pace e uguaglianza ma poco si parla del riarmo per far ripartire l’economia dei grandi colossi di armi, affini e tecnologie. Al momento, tra pacifisti e ‘guerrafondai’, preferisco le parole sessantottine pronunciate da Fausto Bertinotti contro la premier Giorgia Meloni che in Parlamento ha attaccato il manifesto di Ventotene che nel ’41 parlava di un’Europa federalista (su cui nutro dubbi): “Di fronte all’aggressione di un atto formativo le avrei lanciato un oggetto contundente, anche un libro che forse le servirebbe”.