Il fenomeno della pirateria nel Mediterraneo è antichissimo. I più antichi documenti che attestano la presenza di pirati nel Mediterraneo risalgono ai tempi dei Fenici e degli Etruschi, i quali avevano fama di essere pirati efferati. Il professore Antonino Sammartano ci fornisce uno sguardo che riguarda anche la storia antica della città di Marsala, sulla base di fonti storiche.
In età Romana, con l’estendersi dei traffici commerciali, si ebbe un pauroso sviluppo della pirateria tanto che il Senato incaricò Pompeo di liberare i mari dal terribile flagello. La pirateria riprese forza quando la caduta dell’Impero Romano segnò la fine del dominio del Mediterraneo. Con la caduta di Costantinopoli (1453), gli Stati barbareschi della costa dell’Africa del Nord, sotto la protezione turca, si diedero a operazioni di pirateria, che all’inizio venne combattuta da Spagna, Venezia e da ordini cavallereschi. Le basi di partenza dei pirati erano, quindi, disseminate lungo le coste del Maghreb ( principalmente Tunisi, Tripoli, Algeri e altri porti del Marocco), zone che gli europei chiamavano Barberia. L’obiettivo dei pirati barbareschi erano le navi provenienti dai Paesi europei, che navigavano tra i porti del Mediterraneo, nonché le popolazioni civili che vivevano lungo le coste di questo mare.
I pirati aggredivano città indifese e imbarcazioni di commercianti, le depredavano e catturavano uomini e donne che andavano a vendere come schiavi nei mercati lungo le coste del Mediterraneo. Ai più fortunati, magari, capitava d’essere riscattati dopo qualche tempo, quando si riusciva a raccogliere i soldi necessari. Si occupavano di queste cose i padri Mercedari, giunti in Sicilia intorno al 1463, che fondarono nel 1585 l’Opera per la redenzione dei cattivi. Essi armavano delle navi per andare ad affrancare le persone catturate .Naturalmente la maggior parte degli schiavi finivano i loro giorni in cattività.
La popolazione siciliana, per la sua posizione che l’isola aveva fra il mondo cristiano e quello islamico, soffrì a lungo a causa delle incursioni dei pirati. Marsala cominciò a essere bersaglio dei pirati barbareschi a cominciare dalla seconda metà del XV secolo e continuarono fino alla metà del XVI secolo. Nei primi tempi si difese con difficoltà essendo priva di strutture di difesa e di armi adeguati per respingere un nemico molto feroce. Sanguinoso fu soprattutto l’assalto alla città, difesa allora dal Viceré Ugo Moncada (1509), attacco che durò tre giorni. (G. Agosta, Il Vomere 1985). Ma quello che lasciò un ricordo indelebile nella memoria dei marsalesi fu lo sbarco del pirata Dragut nel 1553. Questi si presentò innanzi alla città con un piccolo esercito e la sottopose a duro assedio per diversi giorni. Ma i marsalesi non si fecero sorprendere e resistettero all’assalto fino a costringere il pirata a ritirarsi.
Un altro tentativo di occupazione fu effettuato nel 1615 e anche questa volta i pirati subirono una sconfitta che non permise loro di ritornare alle basi africane. I superstiti di questa spedizione in parte vennero fatti schiavi, mentre altri si diedero al brigantaggio. (G. Giustolisi Il Vomere). Le incursioni dei pirati barbareschi sulle coste dell’Europa continuarono fino agli inizi del XIX secolo, quando si fecero sempre più efficaci le operazioni militari contro di essi da parte degli Stati europei. Secondo i documenti da me consultati, nel XVII secolo non vi furono episodi di pirateria che interessarono la città di Marsala. Essi invece ripresero con una certa frequenza nel XVIII secolo. Elencherò di seguito alcuni episodi.
La sera dell’8 giugno del 1709 alle ore 21.00 si presentò davanti al porto di Marsala un vascello corsaro che batteva bandiera inglese ( Le navi corsare erano quelle che, muniti dal governo di uno Stato di un’apposita autorizzazione, detta “lettera da corsa”,di assaltare e rapinare le navi mercantili delle nazioni nemiche). In quel momento si trovavano dentro il porto due bastimenti francesi, un Pinco e una Muzza. Il vascello inglese si diresse verso la Muzza e, dopo averla agganciata, la trasportarono via. Non fu possibile fare la stessa cosa con il Pinco perché si era incagliato. Ma ciò non impedì agli assalitori di trasportare con le lance parte del frumento che il Pinco aveva caricato. Tutto ciò avveniva sotto il tiro dell’unico cannone che allora esisteva a Marsala. Il vascello inglese, dopo aver risposto con diversi colpi di cannone, si allontanò.
In alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Palermo (RSI vol. 1728) si fa l’elenco dei danni provocati dalle cannonate sparate dalla nave inglese: “Molte casa vennero danneggiate, e specialmente con tre palle il Collegio di questi P.P. Gesuiti, et con altrettante un Monastero di Donne detto di S. Pietro, e con una sola la loggetta delle monache di S. Stefano, com’ancora molte case particolarmente le Muraglie della Città con danno di due soli persone”. In seguito a quell’episodio i Giurati di Marsala scrissero una lettera al Viceré lamentandosi del fatto che senza la necessaria artiglieria Marsala non poteva difendersi dai nemici esterni, e temeva di venir continuamente assaltata dai pirati, visto che la Città si trova geograficamente di fronte alla Barberia , “e vicina agli inglesi tant’opposti alla Nostra Cattolica Religione, e non potendo difendere tutti quei bastimenti di nazione amica”. E pertanto i Giurati chiedevano che la città di Marsala venisse fornita da una difesa adeguata, dotandola di una artiglieria più pesante capace di tenere lontane le navi corsare. Chiedevano, inoltre, un aiuto finanziario per riparare i danni causati dal cannoneggiamento della nave inglese.
Un altro episodio di pirateria che si verificò a Marsala nel XVIII secolo avvenne nel mese di Marzo del 1728. Un pescatore (nel documento non viene specificato il nome) con i suoi quattro figli stava pescando nel mare antistante a Marsala. Improvvisamente sono stati assaliti da una lancia di un grosso bastimento, che da diversi giorni veleggiava tra Favignana e Marettimo. L’equipaggio della lancia riuscì a impossessarsi della barca dei pescatori marsalesi e a farli prigionieri. In quell’occasione le autorità portuali, che avevano assistito all’assalto dei pirati, non rimase altro che far sparare un colpo di cannone per avvisare i marinai che stavano pescando nel mare antistante Marsala di rientrare in Città. (RSI vol. 1771)
La notte del 22 aprile 1750 i corsari barbareschi si verificò l’ennesimo atto di pirateria lungo la costa di contrada Petrosino. Alcuni componenti di due Golette sbarcarono in quella spiaggia e si diressero verso ‘interno. “ In un tugurio predarono un uomo di età avanzata, ed una zitella di anni 18 all’incirca. La stessa notte assaltarono una barca da pesca di un tale di nome Vincenzo Lo Grado, nei pressi di Capo della Vaccarella nel territorio di Mazara. Il povero Lo Grado con con i suoi due marinai riuscirono a salvarsi, ma la barca venne svaligiata di tutti gli attrezzi che si trovavano che si trovavano in essa. (Salute pubblica, vol. 105).
Il 16 aprile 1765 il Capitano di Giustizia di Marsala D. Bernardo D’Anna comunicava al Viceré che qualche giorno prima era passata nel mare antistante alla nostra Città una Goletta turchesca (nave leggera a vela), ed era passata così vicina alla spiaggia “che le donne che erano al lido corsero intimoriti alla città”. La nave pirata inseguiva diverse barche da pesca di Marsala, le quali riuscirono a salvarsi a stento. La Goletta si era fatta vedere con una nave barbaresca qualche giorno dopo nel mare di Marsala e ciò aveva fatto preoccupare il Capitano D’Anna tanto da scrivere al Viceré di temere un attacco da un momento all’altro. Lo implorava pertanto di prendere dei provvedimenti per salvare i cittadini marsalesi e per non danneggiare il commercio marittimo (RSI vol 2074).
Un altro episodio di pirateria si verificò l’8 ottobre del 1786 e coinvolse il pescatore Vincenzo Sorrentino di Marsala. Egli stava pescando con un Burro (barca da pesca) e i suoi none uomini di equipaggio. Quella mattina fu assaltato nei pressi della spiaggia del Porcaro a due miglia di distanza da Torre Sibiliana da una nave Turca (nave leggera e veloce con due o tre alberi) dalla quale furono sparati diversi colpi di “Trombone”, provocando il ferimento di tre uomini di equipaggio. Nonostante la difficoltà in cui si venne a trovare il Burro, l’equipaggio a forza di remare riuscì a sottrarsi ai pirati Turchi, i quali a un certo punto decisero di rinunciare alla possibile preda.
Appena raggiunta le riva, Vincenzo Sorrentino riferì ai Giurati di Marsala dell’accaduto. Questi, dopo aver interrogato i proprietari delle barche che pescavano nelle vicinanze, che confermarono la versione del proprietario del Burro, diedero notizia alla Deputazione di Trapani e ai Giurati di Mazara in modo che essi potevano correre ai ripari. (RSI vol 977). L’ultimo episodio di pirateria che ho potuto documentare si verificò il 3 ottobre 1806 nelle vicinanze della costa marsalese di Sibiliana. Quella mattina una nave corsara con bandiera spagnola aveva predato una barca siciliana con bandiera inglese carica di frumento. I marinai della suddetta barca predata riuscirono a fuggire e a mettersi in salvo, e non appena raggiunsero la riva avvisarono il negoziante inglese Guglielmo Woodhouse, domiciliato a Marsala. Questi immediatamente convocò un gruppo di marsalesi, tutti armati, che, guidati da un capitano di un bastimento inglese ancorato nel porto di Marsala, inseguirono la nave corsara e riuscirono a prenderla con tutto l’equipaggio e a condurla nel nostro porto. Dopo sei giorni di permanenza nel porto di Marsala, il Capitano inglese lasciò la nostra Città con la sua nave da guerra, portandosi la nave dei pirati e il suo equipaggio. I marinai marsalesi furono ricompensati con un’onza ciascuno.