Per commemorare la figura di Dino Grammatico nel centenario della nascita, il prossimo 15 novembre, a partire dalle ore 17, la sala conferenze del Museo regionale Agostino Pepoli di Trapani ospiterà il convegno “Storia di un siciliano, cento anni dalla nascita di Dino Grammatico – L’archivio storico e la memoria”. Al convegno – patrocinato dall’Assessorato regionale ai Beni Culturali, dal Museo Agostino Pepoli, dai Comuni di Trapani e Custonaci e moderato dal giornalista Giacomo Pilati – daranno il loro contributo tra gli altri Salvatore Denaro, Angela Grammatico, Michele Rallo, Fabrizio Fonte, Nino Marino, Salvatore Mugno, Renato Lo Schiavo, Pietrangelo Buttafuoco, Stefania La Via e chi scrive. L’evento, organizzato dall’Associazione culturale La Roccia, fondata nel 2004 dallo stesso Grammatico, e oggi presieduta dalla figlia Angela, attraverserà la vicenda biografica di uno dei principali protagonisti della vita politica e culturale della Sicilia. Eletto deputato all’Assemblea Regionale Siciliana per il Movimento Sociale Italiano nelle liste del collegio di Trapani per sette legislature dal 1951 al 1986, Dino Grammatico è stato Assessore all’Agricoltura nel governo Milazzo e per quindici anni sindaco di Custonaci.
Ma il convegno sarà anche l’occasione per ricordare l’attività di instancabile promotore e animatore culturale di Dino Grammatico, oltre a quella di saggista e di storico, ma soprattutto per riscoprire la produzione poetica di Dino D’Erice (lo pseudonimo con cui aveva scelto di firmare i suoi libri di poesia) che nell’arco di un quarantennio si compone di sette titoli, tra cui il corposo volume edito da Thule Punti luce sulla strada di pietra, che raccoglie le poesie pubblicate dal 1965 al 2001, e l’autoantologia Ad ogni avvento con cui nel 2003 Elvira Sellerio aveva inaugurato meritoriamente una collana di poeti siciliani che purtroppo ebbe una vita brevissima.
Inserendosi nel solco meno profondo di una tradizione postermetica, e sfuggendo alla tentazione di inseguire la moda letteraria del momento, Dino D’Erice è riuscito nel corso degli anni a produrre, da una posizione appartata e con esemplare discrezione, una poesia ‘personale’ in cui la dimensione del vissuto, sempre celebrato nella sua concretezza emotiva, si stringe attorno a un ideale di umanesimo che attraversa coerentemente anche tutti gli slanci civili politici o religiosi che sono particolarmente presenti nei testi della maturità, segnati dall’urgenza di un nuovo impegno per tornare alla fonte di una civiltà ‘antica’. La pacifica e a tratti sconcertante naturalezza di questa voce poetica si affida, fin dall’inizio, a un dettato di grande trasparenza espressiva in cui ogni parola tende a essere essenziale (senza per questo essere assoluta), ogni paesaggio accessibile e ogni alone di mistero mai completamente violato. Come appunto nell’indimenticabile incipit del poemetto Ad ogni avvento, forse il testo più esemplare dell’intera parabola poetica di Dino D’Erice: “Sono morto e nato più volte nella mia vita, / come foglia d’albero / che vento d’autunno strappa / e linfa di primavera / ricrea / di verde più intenso. / Ad ogni avvento / gli occhi hanno pupille nuove, / le cose altra forma altro colore / e mutano / di dimensione / i sentimenti / le parole.”