Le piaghe siciliane

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Le piaghe siciliane

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mercoledì 05 Luglio 2023 - 06:45

In una delle sue opere più riuscite – “Johnny Stecchino”Roberto Benigni ha costruito un indimenticabile dialogo in cui il personaggio interpretato da Paolo Bonacelli faceva riferimento alle tre piaghe che rendono la Sicilia famosa nel mondo, in negativo: l’Etna, la siccità e il traffico. Si trattava di una situazione volutamente spiazzante, tenuto conto che all’inizio degli anni ’90 la prima piaga che rovinava l’immagine siciliana nel mondo era sicuramente la presenza di Cosa Nostra. Il cinema, tuttavia, ama giocare con il paradosso e, a distanza di oltre 30 anni, quel godibile frammento resta uno straordinario pezzo di satira, applicabile anche a situazione di stretta attualità.

Dalle notizie che arrivano da Palermo, ad esempio, si apprende di un’ulteriore piaga a cui la politica siciliana ha dovuto far fronte: l’esiguità delle indennità degli amministratori pubblici. Probabilmente, molti di noi non se n’erano accorti, ma evidentemente i nostri rappresentanti all’Ars e al governo regionale hanno raccolto le lamentele di sindaci, vicesindaci, assessori e presidenti dei Consigli comunali di tutta l’isola, le cui indennità erano state riviste al ribasso ai tempi del governo Crocetta. Probabilmente, ci sarà sfuggito che anche nei bar, nelle piazze dei centri storici o nei ritrovi delle periferie, tanti cittadini si saranno dati appuntamento per discutere delle ingiuste retribuzioni dei loro rappresentanti, auspicando l’abrogazione del reddito di cittadinanza o di altre misure a sostegno delle fasce del disagio per trovare i fondi utili a sostenere il tenore di vita degli amministratori e i loro piccoli vizi (solo a titolo di esempio potremmo citare le recenti vicende dell’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè…).

Ironie a parte, è doveroso ammettere che la politica ha i suoi costi e ricordare che le indennità furono introdotte proprio per evitare che restasse un’attività per ricchi, tagliando fuori quella classe operaia che non avrebbe potuto permettersi di rinunciare a un giorno di lavoro per andare in Parlamento, all’Assemblea Regionale o in Consiglio comunale. Uno strumento concettualmente giusto, tuttavia, nel tempo si è trasformato in qualcosa di simile a un abuso di potere, finendo per alimentare quell’insieme di privilegi che negli ultimi decenni ha creato un’autentica voragine tra il popolo e le elites. Se, dunque, un ritocco verso l’alto poteva anche essere messo in conto, leggere nello schema dell’assessorato alla autonomie locali di aumenti del 100% (per Palermo, Messina e Catania), dell’80% (per Siracusa), del 70% (Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Trapani, Enna) o anche del 45% (Marsala, Mazara, Gela, Vittoria, Modica, Bagheria, Acireale) fa male, finendo per somigliare a un atto di arroganza che fa a pugni con quel senso della realtà che nessun rappresentante istituzionale dovrebbero mai smarrire.

Di questo passo, il rischio è che i cittadini finiscano per pensare che tra le più dannose piaghe della nostra Sicilia ci sia anche la sua classe politica. Giusto un gradino sotto la siccità e appena sopra il traffico…

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