“Messina Denaro Matteo. Detenuto assente”. Aula bunker di Caltanissetta, le 10.45. La voce di Maria Carmela Giannazzo, la presidente della Corte di Assise di Appello dove il boss è imputato per le stragi di Capaci e via D’Amelio, chiude idealmente un cerchio dopo trent’anni di latitanza, sangue e misteri. Poco conta se l’ultimo padrino ha scelto di non prendere parte all’udienza che ha attirato decine di cronisti provenienti anche dall’estero.
“Messina Denaro Matteo. Detenuto assente”. Aula bunker di Caltanissetta, le 10.45. La voce di Maria Carmela Giannazzo, la presidente della Corte di Assise di Appello dove il boss è imputato per le stragi di Capaci e via D’Amelio, chiude idealmente un cerchio dopo trent’anni di latitanza, sangue e misteri. Il padrino ha scelto di non prendere parte all’udienza che ha attirato decine di cronisti provenienti anche dall’estero.
I primi ad arrivare, alle 9.15, sono stati gli avvocati d’ufficio del boss, Giovanni Pace e Salvatore Baglio, che hanno assistito Messina Denaro prima che, dopo la cattura, indicasse una legale di fiducia. E non una penalista qualsiasi, sua nipote Lorenza Guttadauro: figlia della sorella del padrino, Rosalia, e di Filippo Guttadauro. Il nonno paterno – padre di Filippo – è lo storico boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. Anche l’avvocata diserta l’aula, lascia l’incombenza, e la scena, ai legali d’ufficio per le arringhe difensive. Il pg Antonino Patti ha chiesto la conferma della condanna di primo grado: ergastolo per l’ultimo stragista.
L’udienza è stata rinviata al 9 marzo. “La rinuncia a comparire non deve essere intesa come un disinteresse – ipotizza il pg Patti – Il difensore di fiducia deve avere il tempo di prendere conoscenza delle carte, era un diritto sacrosanto quello di chiedere il termine a difesa. Potrebbe aver rinunciato perché già sapeva quello che sarebbe avvenuto all’udienza”.