Cinquanta giorni

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Cinquanta giorni

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martedì 15 Novembre 2022 - 06:30

Sono trascorsi 50 giorni dal voto che ha incoronato Renato Schifani, con un ampio margine, alla guida della Regione Siciliana. Prima le difficoltà legate allo scrutinio in alcuni seggi, poi i ritardi nel riconteggio, infine gli screzi tra le varie anime della coalizione di centrodestra, che sembra sempre sul punto di implodere, tra vecchi e nuovi rancori.

La solita politica, verrebbe da dire. Se non fosse che il momento storico attuale ci propone una pandemia non ancora conclusa, una guerra nel cuore dell’Europa che resta piena di incognite, una crisi energetica che rischia di mettere in ginocchio un’economia già duramente provata. Senza contare i problemi storici, quelli che si trascinavano con persistenza ben prima delle emergenze più recenti, confinando le province siciliane (assieme a quelle calabresi e campane) in fondo a tutte le classifiche sulla qualità della vita e in cima a quelle sul tasso di disoccupazione o sull’indice di spopolamento.

La Sicilia appare, sempre più a dimensione di turista che di residente. Si arriva sull’isola, giusto il tempo di godersi una scorpacciata di arancine, cannoli, tramonti e reperti storici, per poi tornare nelle regioni o negli Stati in cui esiste la possibilità di trovare un lavoro adeguato alle proprie ambizioni, in un contesto civico fatto di servizi che funzionano e proposte culturali in linea con lo spirito del tempo.

Di fronte a tutto ciò, sarebbe stato un segnale incoraggiante se il nuovo presidente Schifani avesse detto ai suoi alleati che non è il momento di “annacarsi” (arte in cui i siciliani sono maestri) tra veti e questioni di principio, onorando l’ampio mandato ricevuto dal corpo elettorale. Ma la politica ha la straordinaria capacità di restare insensibile di fronte ad ogni evento, più o meno apocalittico, reiterando riti e liturgie con estrema noncuranza.

Poco cambia se nelle prossime ore Schifani scioglierà le riserve e nominerà i suoi assessori, perchè i nomi che girano sono quelli di sempre. Gli stessi che hanno contribuito, a vario titolo, a rendere la Sicilia la terra delle occasioni perdute, privilegiando l’interesse personale a quello pubblico.

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