Non ci resta che il voto

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Non ci resta che il voto

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venerdì 15 Luglio 2022 - 06:30

Avrebbe dovuto traghettare l’Italia fino al marzo 2023. Invece l’esecutivo guidato da Mario Draghi è arrivato al capolinea. Dal “governo dei migliori” era lecito aspettarsi di più. Per onestà intellettuale occorre ammettere che le attenuanti non mancano, dalle difficoltà parlamentari alla pandemia, fino alla guerra in Ucraina. Ma già in partenza l’ex presidente della Bce avrebbe potuto fare scelte diverse, puntando su donne e uomini capaci di portare valore aggiunto al Paese. Come fece Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. La sensazione è che, invece, Draghi abbia preferito compiacere i partiti della sua eterogenea maggioranza, convinto di poter passare da Palazzo Chigi al Quirinale alla scadenza del settennato di Sergio Mattarella. Naufragato il progetto presidenziale, è apparso a tutti evidente che Draghi non fosse più quello dei mesi precedenti e l’epilogo di questi giorni ne è la logica conseguenza.

Ancora una volta, toccherà al Capo dello Stato rimettere ordine nel caos della politica italiana con l’auspicio che si possa restituire al più presto la parola alle urne. Non è più il tempo di larghe intese o governi del presidente, con maggioranze improvvisate e forze di opposizione pronte a passare all’incasso (elettorale) tra qualche mese. Occorre fermare la maionese impazzita di questa legislatura per ripartire con un nuovo Parlamento, rappresentativo degli umori del Paese. Chi conosce un po’ la legge elettorale, sa bene che, per com’è stata concepita, porta con sé i germi di un nuovo caos che potrebbe rendere la prossima legislatura non molto diversa da quella che si sta concludendo. Tuttavia, nei momenti di crisi, appurato il fallimento delle soluzioni politiche, l’opzione migliore resta il voto popolare, qualunque sia il suo esito.

Logica vorrebbe, a questo punto, che ai piani alti delle nostre istituzioni si immaginasse un election day in cui far confluire sia le elezioni politiche che quelle regionali, evitando un passaggio doppio che servirebbe solo ad alimentare un tempo sospeso di cui nessuno sente il bisogno. Per noi siciliani, potrebbe dunque profilarsi un autunno estremamente caldo, in cui saremo chiamati a rinnovare l’Ars e il governo regionale, ma anche la nostra rappresentanza parlamentare. Un momento importante per far pesare un po’ più del solito le rivendicazioni e le aspettative tradite di una terra che continua a soffrire troppi mali e a non trovare teste, cuori e gambe capaci di risolverli.

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