PALERMO (ITALPRESS) – Maxi blitz antidroga a Palermo. I carabinieri della Compagnia San Lorenzo hanno eseguito 58 provvedimenti cautelari – emessi dal Gip di Palermo al termine di indagini dirette dalla locale Direzione distrettuale antimafia, coordinata dal Procuratore aggiunto Salvatore De Luca – per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Nell’operazione “Nemesi” 37 persone sono finite in carcere, 20 ai domiciliari, per una è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’indagine, condotta dai carabinieri tra febbraio e luglio del 2018, ha permesso di affermare “l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti nel quartiere Sperone di Palermo e di individuarne struttura, dinamiche e strategie criminali”.
Tra gli aspetti di rilievo, evidenziano gli inquirenti, il coinvolgimento di interi nuclei familiari, pronti ad avvalersi anche di minorenni per la cessione di stupefacenti. Appurato come gli spacciatori usassero, indistintamente, gli inospitali meandri degli edifici, le strette vie del quartiere, le abitazioni dei promotori e, addirittura, le camerette dei figli minori, con funzioni di stoccaggio, lavorazione e spaccio di stupefacenti.
E’ emerso inoltre come l’attività di spaccio avvenisse nei pressi della scuola del quartiere, a favore di innumerevoli acquirenti che accorrevano anche da altre province siciliane. “Si è accertato come lo spaccio di cocaina, crack, hashish e marijuana, rappresenti, di sovente, una delle principali fonti di sostentamento per intere famiglie, i cui membri, tranne rari casi di colpevole connivenza, risultano integralmente partecipi alle attività delittuose”.
Sono, inoltre, stati individuati i due canali di approvvigionamento degli stupefacenti, gestiti da 3 degli odierni indagati, con precedenti penali e gravitanti nell’orbita della criminalità organizzata. E’ stato delineato l’organigramma dell’associazione, con un vertice che gestiva il rifornimento, le strategie di spaccio e raccoglieva i proventi dell’attività, da cui dipendevano ben tre distinte compagini criminali, ognuna con a capo una famiglia che organizzava autonomamente la propria “piazza di spaccio” e impartiva precise direttive ai propri pusher. L’autonomia gestionale riconosciuta dal vertice del sodalizio ai promotori dei tre gruppi in cui si diramava l’organizzazione “conferiva maggiore fluidità rispetto a
una struttura rigidamente gerarchizzata, lasciando però intatto il vincolo associativo e la consapevolezza negli indagati del perseguimento di uno scopo comune”, affermano i carabinieri.
Un ruolo fondamentale è stato riconosciuto alle madri, alle mogli e alle conviventi dei capi delle compagini, le quali “collaboravano nella direzione delle attività criminali, nei
contatti con i fornitori e nel tenere la contabilità delle ‘piazze di spacciò, pronte anche a subentrare, all’occorrenza, per garantire continuità allo spaccio in caso di arresto di uno
dei promotori; il presunto sodalizio criminale aveva a disposizione magazzini e interi appartamenti, in cui i sodali si riunivano per decidere le strategie dell’organizzazione, spartirsi i proventi o rifornire i pusher impegnati nelle ‘piazzè. Tali siti venivano utilizzati per lo stoccaggio di
marijuana e hashish e come laboratori per ‘cucinarè e ‘basarè la cocaina per la produzione del crack”. Sempre stando a chi indaga “il vincolo associativo era talmente forte che parte dei profitti erano redistribuiti per il sostentamento delle famiglie dei detenuti e il pagamento delle relative spese legali”.
Inoltre, i pusher operativi su strada erano organizzati su turni per garantirne la piena attività anche di notte. Le piazze di spaccio garantivano profitti stimati nell’ordine di 1,5 milioni di euro su base annua.
Nel corso dell’attività sono state arrestate in flagranza 37 persone, segnalate alla Prefettura quali acquirenti in 56 e sequestrati circa 3 kg di droga e oltre 6.000 euro in contanti.
(ITALPRESS).
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