Avevano favorito la latitanza del boss mafioso Bernardo Provenzano. Oggi un’operazione dei carabinieri li priva dei loro beni. Sono i protagonisti della mafia corleonese e oggi i militari sono entrati in azione per eseguire tre distinti provvedimenti emessi dal Tribunale di Palermo e scaturiti dalle indagini del Ros e del Comando provinciale. Beni per un valore complessivo superiore ai quattro milioni di euro sono stati portati via alle cosche.
Il Ros – che ha una struttura che si occupa esclusivamente di indagini economico-finanziarie, accertamenti patrimoniali e misure di prevenzione – ha eseguito una confisca di tre milioni e mezzo di euro nei confronti di Mario Salvatore Grizzaffi, disposta in primo grado dal Tribunale di Palermo, e Gaetano Riina, disposta in secondo grado dalla Corte d’appello. I due sono rispettivamente nipote e fratello del boss Totò Riina, morto nel novembre del 2017. La confisca riguarda anche Rosario Salvatore Lo Bue, soprannominato ‘Saro Chiummino’, e il figlio Leoluca. “L’operazione – sottolineano i carabinieri – giunge al termine di un lungo percorso investigativo che aveva già consentito di assicurare allo stato i patrimoni illeciti acquisiti nel tempo da Totò Riina e da Calogero Giuseppe Lo Bue, già colpiti da decreti di confisca. Quest’ultimo, già condannato in via definitiva per aver favorito la latitanza di Provenzano”. Gravemente indiziati di appartenere al clan mafioso, ai Lo Bue risultavano riconducibili una serie di beni, intestati fittiziamente a terzi, “acquistati in assenza di redditi leciti compatibili in condizioni di sperequazione”.
La confisca riguarda abitazioni, conti correnti, libretti di risparmio, terreni e beni aziendali e “colpisce soggetti già gravati da numerosi precedenti penali ed acclarati legami con la mafia”. In particolare Rosario Salvatore Lo Bue “ha avuto storicamente un ruolo attivo quale uomo d’onore e membro apicale della famiglia di Corleone – ricostruiscono i militari -, negli anni in contatto con esponenti di spicco quali Salvatore Riina e Leoluca Bagarella”. Mario Salvatore Grizzafi è stato definitivamente condannato per aver commesso un’estorsione con metodi mafiosi: condanna arrivata nell’ambito di una indagine che aveva fatto luce sulla rete di sostegno di Provenzano e sulla riorganizzazione della cosca dopo la cattura del capomafia avvenuta nel 2006 a Corleone, nella zona di Montagna dei Cavalli. Nell’operazione rientra anche un sequestro beni a carico di Giampiero Pitarresi, per un valore complessivo di circa seicentomila euro, consistente in due abitazioni a Misilmeri, un’auto e sette rapporti bancari. Pitarresi, arrestato nel dicembre del 2015 nell’ambito dell’operazione ‘Panta Rei’ dei carabinieri di Palermo, è attualmente detenuto perché condannato in secondo grado a 14 anni. Secondo i militari, dopo anni di militanza in Cosa nostra “con compiti di particolare rilievo”, aveva assunto “il pieno controllo della famiglia mafiosa di Villabate quale gestore della cassa e mandante di tutte le azioni illecite nel territorio, tra cui estorsioni e traffico di stupefacenti”.