Intervista a Enrico Caruso: “Bagli di Lilibeo unico museo, necessari investimenti per i beni culturali”. E quel frammento su Caracalla…

redazione

Intervista a Enrico Caruso: “Bagli di Lilibeo unico museo, necessari investimenti per i beni culturali”. E quel frammento su Caracalla…

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lunedì 18 Gennaio 2021 - 10:40

Ha concluso la sua carriera guidando il Parco Archeologico Lilibeo di Marsala, a connubio di una vita professionale dedicata all’archeologia, soprattutto del nostro territorio. Enrico Caruso è andato in pensione proprio con l’ingresso del 2021. Negli ultimi anni, ha anche guidato il Parco Archeologico di Selinunte per poi rivestire la carica di Soprintendente ai Beni Culturali di Trapani. Un lunghissimo curriculum per Caruso, fatto di convegni e pubblicazioni, divulgazioni e… scoperte. Lo abbiamo intervistato.

Un anno e mezzo circa alla guida del Parco Lilibeo. Un anno e mezzo di cambiamenti per i siti storico-culturali della città. Facciamo un primo bilancio da direttore dell’area archeologica.

Il primo anno alla guida del Parco Lilibeo, che di fatto è nato nel giugno del 2019, abbiamo dovuto lavorare senza mezzi e senza risultati evidenti. Col passare dei mesi e grazie alla sensibilità dell’assessore regionale ai Beni culturali, Alberto Samonà, siamo riusciti, negli ultimi sei mesi del 2020, a recuperare alcune risorse per rilanciare il Parco. Tra il 2019 e il 2020, tra gli eventi significativi c’è stata l’apertura del Parco ad eventi culturali, teatrali, presentazioni di libri, tra cui “Marsala Dentro/Fuori Marsala” di Adele e Gaspare Gerardi. Ci sono stati anche i concerti nella Plateia Aelia e poi, lo scorso anno, grazie al supporto di alcune ditte locali, siamo riusciti ad aprire il Baglio Grignani-Tumbarello, che è diventato la vera “Agorà”, una grande piazza che si estende per 2.500 mq di superficie, destinata agli spettacoli. Tra questi anche la rassegna “Agorai del Mare” che è diventata ormai un brand. Questa iniziativa ha conferito al Parco Lilibeo una sorta di polo innovativo della città. A causa della pandemia l’estate scorsa abbiamo garantito 300 posti per via delle normative anti-contagio, ma in tempi normali l’Agorà potrebbe contenere anche più di 1.500 persone. In molte serate abbiamo raggiunto i 200 spettatori. Di fatto Marsala ha acquisito ulteriori spazi di rappresentanza. E inoltre, nel periodo di mobilità ridotta, abbiamo potuto realizzare questi eventi grazie al personale di custodia, garantendo la sicurezza in un luogo aperto, solo circondato da mura, attraverso la registrazione dei presenti e la misurazione della temperatura corporea. Tant’è che dentro al Museo o al Parco non ci sono stati casi di Covid, né tra il personale, né tra i visitatori, ma solo due casi indiretti, ovvero persone che hanno contratto il virus altrove.

Ha acceso un faro sul complesso di Santa Maria della Grotta, con le passeggiate FAI e le visite guidate. Ma è necessaria una vasta opera di ristrutturazione. C’è la possibilità di far arrivare bandi europei e investimenti per la Chiesa?

Quando ho ricoperto la carica di Soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali di Trapani avevo già redatto un progetto che bisognerebbe soltanto aggiornare nei prezzi, che ogni anno variano. Un progetto che esiste e che potrebbe diventare finanziabile. Col Recovery Fund potremmo anche immaginare che il progetto possa essere realizzato, perché no? E questo consentirebbe di recuperare sia il Complesso di Santa Maria della Grotta sia le latomie dei Niccolini e della Conceria: anche in questi ultimi due grandi complessi straordinari vi erano le catacombe paleocristiane. Il confronto più diretto si trova solo a Siracusa, dove si trovano le latomie del Paradiso, dei Cordari, ecc. Queste latomie-catacombe di origine paleocristiana si trovano solo nelle città antiche storicamente più importanti, Siracusa, Agrigento, Palermo, Carini, Catania e Lilibeo che era la capitale dell’Eparchia punica, la più importante città della Sicilia occidentale.

A Selinunte aveva puntato su una immagine più allettante del Parco, ridandone nuova luce. Lo ha fatto anche a Marsala con tutti gli evidenti limiti del caso. Crede che il connubio – su cui lei ha puntato – tra arte, musica e siti di interesse storico, sia un valido modo per valorizzare questi luoghi anche attraverso una buona comunicazione che forse è mancata per tempistiche?

A volte molte iniziative che hanno una valenza importante rischiano di essere sminuite dagli aspetti rilevanti che le riguardano. La comunicazione degli eventi nei siti culturali dovrebbe essere garantita dagli Assessorati regionali al Turismo e ai Beni culturali. Tuttavia in Sicilia ci sono migliaia di siti e allora comunicare ogni singola realtà rischia di diventare un’operazione complicata. E’ auspicabile una comunicazione capillare. L’ideale sarebbe che ogni Parco avesse il proprio addetto stampa che, secondo le direttive del Dipartimento ai Beni culturali, possa comunicare eventi e novità di quel sito specifico. Ma per fare ciò sono necessarie non poche risorse, la comunicazione delle manifestazioni richiede un impegno economico che al momento questo Parco non può affrontare.

Museo Baglio Tumbarello

Da Soprintendente vide il Baglio Tumbarello affrontare i tempi lunghi della burocrazia. Da direttore invece è riuscito a riaprirlo. Come valorizzarlo? Potrà realmente diventare un polo museale navale?

A mio avviso, tutto il complesso di bagli di Capo Boeo potrebbe diventare un unico grande museo navale, oltre che di Lilibeo. Lilibeo, sotto Cartagine, era tra le Città più importanti della Sicilia Occidentale e rimase tale con la dominazione romana, fino all’età tardo antica. Ancora ci sono scavi da compiere a Lilibeo che saranno densi di informazioni dell’epoca. Bisogna puntare sul connubio “Lilibeo e il mare” che peraltro è il nome del catalogo su cui stiamo lavorando, una lacuna a cui stiamo dando corpo a cinque anni dal rinnovamento del Museo regionale. La città ha vestigia importanti, molte da scoprire ancora e il Museo, che nacque per ospitare la Nave punica e poi altri relitti, l’ultimo quello di Marausa, è il museo della Sicilia Occidentale, non è il museo solo di Marsala, perché espone altresì diversi relitti recuperati nel mare circostante. Abbiamo ancora superfici enormi da attrezzare, una di queste il Museo del Baglio Tumbarello, che era stato ristrutturato 20 anni fa, poi rivalorizzato 10 anni fa ma mai aperto al pubblico ed oggi, grazie a oltre 200mila euro messi a disposizione dall’Assessorato guidato da Samonà, siamo in dirittura d’arrivo per l’apertura del Baglio Tumbarello al pubblico. Stiamo mettendo a punto tutte le misure prescritte per l’accesso al pubblico degli spazi espositivi per garantire sicurezza e igiene; soprattutto in tempi di pandemia: non si può immaginare un salone di oltre 900 mq senza un impianto di climatizzazione, o senza luce, perché era pensato per essere visitato al buio. La legge impone che gli spazi al chiuso devono essere arieggiati, privi di tende che possano essere sfiorate dalle persone. Questi spazi nei prossimi mesi potranno essere riaperti e si potrà considerare museo di Baglio Anselmi e la corte di Baglio Tumbarello un unico spazio, attraverso il grande padiglione di quest’ultimo che garantisca continuità museale tra i due bagli che occupano la cuspide della Sicilia occidentale, Capo Boeo. Passeremo quindi da 1.500 mq espositivi a 2.500, una delle offerte culturali più vaste e importanti della Sicilia e del Mediterraneo. Esporremo in maniera ragionata le oltre 500 anfore, con la serie di anfore prodotte in Africa dal III sec. a. C. al VII sec. d. C. di cui potremo seguire visivamente l’evoluzione: un unicum nel Mediterraneo.

Ci sono monumenti i cui lavori di riqualificazione stanno per essere ultimati. Penso alla Chiesa dei Gesuiti che diventerà Museo degli Arazzi, alla Chiesa Santo Stefano o a San Giovannello. Lanciamo uno sguardo sulla Città.

Credo che dedicare il Collegio dei Gesuiti al Museo degli Arazzi sia stata una buona idea. Peccato che la Chiesa non sarà ristrutturata come era in origine, perché negli anni ‘60-‘70 fecero un tetto piano in cemento sulla navata centrale, inguardabile, trasformando la spazialità interna, mortificandola. Era invece coperto da una volta, come la Chiesa Madre. Sono molto legato alla Chiesa dei Gesuiti perché il mio primo importante lavoro in campo archeologico è stato la mostra “Lilibeo. Testimonianze archeologiche dal IV secolo a.C. al V secolo d.C.”, inaugurata il 3 dicembre del 1984 con Lina Di Stefano, storica archeologa. L’apertura della Chiesa del Collegio per quella mostra fu un grande evento, preludio del Museo di Baglio Anselmi e lo sarà per gli Arazzi e gli altri oggetti d’argento e vestiario religioso storico-artistici che verranno lì esposti. Gli Arazzi di Marsala, peraltro, con la loro figurazione michelangiolesca, sono tra i più belli che io abbia mai visto. Per quanto riguarda il recupero di San Giovannello, devo dire che la soluzione adottata è molto bella, ma lo spazio è troppo piccolo per poter pensare a un uso museale consono alla sua valenza. Stessa cosa vale per l’Itriella. Si potrebbe però immaginare un museo diffuso in città. Ma ciò richiede nuovi investimenti e personale. Sarebbe bello che i giovani potessero lavorare in questo settore, perché noi non sempre a fine carriera veniamo sostituiti. In questo Paese, in questa città, bisogna puntare sull’archeologia.

Le vie dei Tesori hanno valorizzato una Marsala spesso inedita. Questo perché i siti culturali della Città, concentrati per lo più nel centro storico e urbano, sono scollegati. Ha fatto delle proposte all’Amministrazione comunale in tal senso? Si parlava di un biglietto di ingresso unico, come accade in altre città.

Avevamo avviato una idea con la precedente Amministrazione comunale e ci siamo tornati con la nuova. Poi sono andato in pensione e non abbiamo potuto trattare questo aspetto. Però penso che nessuno possa essere contrario all’ipotesi di un biglietto unico dei siti archeologici marsalesi, né all’istituzione di un biglietto/abbonamento annuale per i marsalesi che vogliano visitare il Museo e il Parco senza acquistare sempre un nuovo biglietto.

Plateia Aelia

C’è tanto da fare per non perdere la nostra storia, quella che emerge scavando o dagli studi a Mozia. Cosa si può fare ancora per Marsala. Lei si sente pronto, eventualmente, a dare un proprio contributo. E se sì, a cosa si dedicherà adesso?

Sto lavorando ad un articolo specialistico di prossima pubblicazione sull’Urbanistica di Lilibeo, un’opera collettiva a cui si presteranno gli studiosi che hanno lavorato in passato alla riconfigurazione del Museo e che sarà curato da me e dall’archeologa Maria Grazia Griffo. Sto scrivendo anche un altro articolo sui monumenti funerari che trovano confronti diretti in Gallia o nell’Africa romana. Anche ritornare sui luoghi già studiati può essere un lavoro proficuo: ho avuto modo di scoprire fra le basole della Plateia Aelia un frammento di iscrizione latina che si unisce a un altro pezzetto che già si conosceva – e che esporremo nella nuova ala di Baglio Tumbarello –; si tratta di una base dismessa per fare le basole della Plateia realizzata in onore dell’Imperatore Caracalla, una informazione importantissima dal punto di vista storico e culturale. In pratica sono tornato su ciò che era stato già scavato e ritrovato. Quattro anni fa avevo trovato un frammento di una statua togata, ma è troppo piccolo per affermare un collegamento diretto con Caracalla. Però… nessuno vieta di pensarlo. In verità è da quando sono laureato che sono pronto a dare un contributo per la mia città, sono stato presidente del Centro Studi Fenicio-Punici e Romani del Comune di Marsala. Mi sono allontanato dalla mia città quando sono stato direttore dell’area archeologica di Morgantina, ma solo fisicamente. Da direttore del Parco di Selinunte ho comunque continuato ad occuparmi di Lilibeo e molte scoperte che ho fatto dal punto di vista urbanistico si sono rivelate molto importanti, specie sul rapporto intrinseco tra le due realtà archeologiche, una punica e l’altra greca studiate senza mai cogliere le affinità e le connessioni. Con i miei studi ho potuto dimostrare dove sono andati ad abitare i selinuntini che sono giunti a Lilibeo, deportati da Cartagine nel 250 a.C. Ho dato infine attenzione alla corretta nomenclatura di ciò che ho studiato riportando alla giusta valenza le definizioni di origine greca, lette fin qui come romane, anche quando risalivano a oltre 200 anni prima della conquista romana. E su questo continuerò a lavorare.

Qualcuno subentrerà come direttore del Parco. Cosa spera per il futuro dell’area archeologica lilibetana?

La nomina del direttore è imminente, il bando è scaduto il 10 gennaio. A breve sapremo chi sarà. E se vorrà tenere in considerazione la mia esperienza, io sono a disposizione. Sia del Direttore del Parco che della Città.

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