In assenza di provvedimenti ad hoc non è previsto alcun rimborso per chi rinuncia volontariamente a un volo. Diversa la situazione per le famiglie che hanno prenotato il viaggio per le gite scolastiche dei figli, cancellate per decreto.
Continuano i disagi per i molti italiani che in questi giorni hanno dovuto – o scelto di – rinunciare a un viaggio a causa del Coronavirus. Disagi peggiorati da alcune incertezze normative ma anche dalla diffusione di notizie false o fuorvianti. Cerchiamo di fare chiarezza.
Viaggi in aereo. Rimborso sì o no? Diversi cittadini, italiani ma anche stranieri diretti in Italia stanno rinunciando ai propri viaggi, magari prenotati da mesi, per paura di contrarre il virus in aeroporto, durante il volo o nel Paese di destinazione. E molti stanno tempestando le compagnie aeree per ottenere il rimborso totale del prezzo pagato. Il rimborso, però, non è dovuto (tasse aeroportuali a parte, che devono essere restituite) se il passeggero rinuncia in modo volontario a un volo che viene effettuato normalmente. La normativa europea prevede che il rimborso sia dovuto esclusivamente se è la compagnia aerea a cancellare il volo.
Il regolamento europeo 261 prevede poi che, in caso di cancellazione per motivi indipendenti dal vettore aereo, il risarcimento non è dovuto. Inutile, quindi, protestare per un mancato rimborso se avete rinunciato a prendere un volo che è partito, nonostante in Rete alcune organizzazioni e siti web sostengano il contrario. Le compagnie ferroviarie Trenitalia e Italo (in alcuni casi) invece rimborsano il prezzo dell’intero biglietto anche se è il passeggero che rinuncia a salire sul treno.
Allo stato attuale solo un decreto del Governo potrebbe sanare la situazione, magari garantendo il rimborso ai cittadini che non sono partiti. Ma si tratta, bisogna dirlo, di un’eventualità remota, perché i costi per lo Stato sarebbero presumibilmente alti. L’altra via per obbligare la compagnia aerea al rimborso è quella della causa civile, ma in questo caso bisogna valutare con molta attenzione: a meno che i biglietti non siano costati una fortuna, le spese giudiziarie potrebbero essere più alte del volo stesso.
Gite scolastiche. La situazione è più complicata per le famiglie che avevano già pagato il volo per mandare i propri figli in gita scolastica. Il Dpcm dello scorso 25 febbraio ha infatti sospeso tutti i “viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado” fino al 15 marzo 2020.
Ed è così che si è creato un nodo: dal punto di vista delle compagnie aeree, infatti, si tratta di rinunce volontarie a voli che verranno comunque operati. Ma la realtà è diversa: quelle famiglie, infatti, non avevano scelta perché è lo stesso Governo ad aver annullato il viaggio. Che fare, quindi, per sciogliere il nodo? Una via percorribile è, ancora una volta, quella di un decreto ad hoc per rimborsare i genitori. Ma in questo caso l’opzione è molto concreta. È la stessa ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ad averne parlato, anche se non c’è ancora una data certa.
Oltre alle famiglie, sono preoccupate anche le agenzie di viaggi. Perché nel caso in cui i viaggi siano stati organizzati tramite un tour operator, il Codice del turismo (ma anche diverse sentenze della Cassazione, prima che il Codice venisse modificato) prevede che il consumatore abbia diritto al rimborso dall’agenzia entro 14 giorni. Anche se il pacchetto turistico non è stato cancellato dall’organizzatore.
Per questo le associazioni di settore Aidit, Assoviaggi, Astoi e Fto hanno lanciato l’allarme: “In assenza di previsioni chiare e coerenti, volte a evitare di far gravare l’intero onere derivante dalle richieste di cancellazioni unicamente sulle aziende organizzatrici dei viaggi di istruzione, molte imprese non potranno far fronte agli impegni ed inevitabilmente chiuderanno, portando al collasso una parte rilevante del settore turistico del Paese”.
(di Federico Formica
Fonte: repubblica.it)