Un Teatro Impero “inedito” per gli acustici e intimi Negrita

redazione

Un Teatro Impero “inedito” per gli acustici e intimi Negrita

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giovedì 06 Febbraio 2020 - 16:16

Reset è l’album che 20 anni fa ha consacrato i Negrita, ma anche un consiglio per chi andrà ad ascoltare “La Teatrale”, il loro tour: mettete da parte le sfumature dei riff, gli assoloni old school, l’incedere incalzante della sezione ritmica e Pau che si dimena dall’alto dei suoi 52 anni e un fisico da grande performer anche se “… questo gin tonic sa di birra”. Invece, col cappello e gli occhiali per darsi un tono, il leader della band aretina non ce la fa fino alla fine a star seduto su quella sedia. Semplicemente perchè ieri sera il Teatro Impero di Marsala – non tutto pieno ma comunque esplosivo – a metà live si è trasformato in un club, in una dimensione assolutamente insolita per una platea tutta in piedi a ballare e cantare i successi della carriera dei Negrita.

I suoni unplugged e le luci calde, hanno reso l’atmosfera intima, romantica, facendo rivivere a molti la propria adolescenza rock, ribelle e appassionata. C’era da scommetterci che Pau, Drigo e compagni iniziassero con “Ho imparato a sognare”, per permettere allo spettatore di abituarsi ai brani completamente riarrangiati e in alcuni casi stravolti, come avvenuto con la country-blues “Cambio”, un rischio da correre, o con le più dilatate “Mamma maè” (col finale beatlesiano di “While My Guitar Gently Weeps”) e “Hollywood”.

foto di Katia Lo Cascio

La band invece – e anche chi li ha ascoltati non facendo mancare tutto il calore negli applausi – si è ritrovata a suo agio, in questa nuova veste, in canzoni come “Greta”, “Che rumore fa la felicità”, “Provo a difendermi”, “Non torneranno più”, potendo dare un senso tangibile al nuovo percorso, alla fase 2 dei Negrita, quella che li ha portati a cambiare pelle e a partire in giro per il mondo in cerca di nuove contaminazioni, sonorità, verso il sud degli States, dove è facile assaporare, toccare, cogliere nuove prospettive, dove è naturale, possiamo dire, lasciarsi “corrompere” dal sound latino, tribale, sensuale che si insinua sottopelle. Sono nate così “Rotolando verso Sud” e “Malavida en Bs. As.”, il dolce “inferno” in cui i Negrita sono scesi, nell’ultimo periodo della loro carriera, abbandonando indubbiamente i sogni del ragazzino di periferia, di quel “sei uguale a me in ogni atomo”, di quel “Paradiso per illusi”, ma ritrovando una necessità nuova di scrittura e di suoni.

E di fronte al bisogno di comunicare col pubblico che in 30 anni ovviamente è cambiato – qualcuno è andato perso per le strade del Messico, qualche altro l’avranno raccolto in autostop -, come loro stessi cantano, “Tra un amico che perdo e un amico che avrò, che se cado una volta, una volta cadrò e da terra, da lì m’alzerò….”.

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