L’uomo che per quasi 20 anni ha rappresentato una delle figure di maggiore potere della provincia di Trapani è “socialmente pericoloso”. A decretarlo ufficialmente è stato il Tribunale Misure di Prevenzione di Trapani, presieduto dal giudice Daniela Troja che questa mattina ha depositato il proprio provvedimento in cancelleria, che prevede per l’ex sottosegretario agli Interni l’applicazione dell’obbligo di dimora a Trapani per tre anni a fronte di una richiesta iniziale di 5 anni formulata dal pm della Dda di Palermo Pier Angelo Padova. La richiesta del riconoscimento della “pericolosità sociale” per D’Alì era stata avanzata nella primavera del 2017, nel corso della campagna elettorale per le amministrative in cui l’ex senatore azzurro si era candidato sindaco, mancando però l’accesso al ballottaggio, che poi fu reso nullo dal ritiro di Mimmo Fazio e dal mancato raggiungimento del quorum dei votanti.
La vicenda giudiziaria di Antonio D’Alì ha inizio nel 2011 con le indagini per concorso esterno in associazione mafiosa, le assoluzioni in primo e secondo grado dalle accuse per fatti successivi al 1994 e la prescrizione per quelli precedenti. Successivamente la Cassazione annullò la sentenza d’appello, facendo ripartire l’iter processuale con la parziale riapertura del dibattimento chiesta e ottenuta dal procuratore Nico Gozzo, che intende approfondire le vicende riguardanti il trasferimento del prefetto Fulvio Sodano e la vicenda della Calcestruzzi Ericina.
In merito al riconoscimento della “pericolosità sociale” dell’ex senatore trapanese si registra la nota di replica da parte del suo legale, l’avvocato Arianna Rallo: “Purtroppo, con grave disappunto, constato che una decisione giudiziaria di tale delicatezza viene offerta in pasto ai giornalisti prima ancora di essere conosciuta dal diretto interessato, non essendo ad oggi stato notificato né a lui, né tantomeno a me, suo difensore, il provvedimento del quale mi chiedete un commento. Conseguentemente, ancora una volta, viene ad essere minata la credibilità e serietà di chi ha la disponibilità di detto decreto e, al contempo, leso inesorabilmente il rispetto del cittadino, proposto o indagato che sia. Ad ogni buon conto, mi lascia certamente sgomenta e perplessa la decisione di accoglimento della proposta avanzata dalla Procura nei confronti del signor D’Alì, per il semplice fatto che una lettura attenta e completa di tutte le prove documentali e testimoniali di persone altamente qualificate, offerte al Tribunale a fronte di illazioni e congetture di pentiti sedicenti, già delinquenti che continuano a delinquere, avrebbe dovuto indurli ad una diversa valutazione. L’assoluta estraneità del signor D’Alì dai fatti contestatigli sarà fatta valere con il ricorso in appello”.
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