Cresce il fronte del “no” al decreto sicurezza voluto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Sotto accusa, in particolare, le norme particolarmente restrittive sulla protezione umanitaria che rischiano di mettere molti richiedenti asilo ospiti dei vari centri dislocati sul territorio nazionale in una situazione di clandestinità difficilmente controllabile. Dopo le prese di posizione dei primi cittadini di Palermo e Napoli Leoluca Orlando e Luigi De Magistris, intenzionati a sospendere l’applicazione del decreto, il dibattito sul tema sta cominciando a coinvolgere tutti i sindaci italiani.
Anche l’Anpi di Trapani, attraverso il suo presidente Aldo Virzì, prende posizione contro l’applicazione del decreto sicurezza, sulla scia delle valutazioni espresse dalla segreteria nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. In una nota diffusa agli organi di stampa, il comitato provinciale “giudica estremamente positiva la decisione dei sindaci, per rispetto pieno alla Costituzione, di non dare attuazione a quelle parti della legge sicurezza e immigrazione che coinvolgono l’attività dei Comuni”. Alla luce di ciò, l’Anpi di Trapani lancia un appello ai sindaci della provincia, “in particolare al sindaco di Trapani protagonista qualche mese prima di prese di posizioni civili in favore degli emigrati, ma anche ai sindaci democratici dei comuni di Marsala, Erice, Santa Ninfa e altri di dare la loro adesione pratica. Solo un coinvolgimento di massa, in provincia di Trapani come in tutta Italia, potrà costringere il Governo a rivedere quella norma del Decreto, magari senza aspettare un pronunciamento della Corte Costituzionale che suonerebbe politicamente ancora più grave per l’organo che lo ha emesso”.
Il primo a rispondere “presente” a tale appello è il sindaco di Petrosino Gaspare Giacalone, che ha affidato alla propria pagina facebook una lunga e articolata riflessione a riguardo.
“Cari friends & followers – scrive il primo cittadino di Petrosino – Vi prego di leggere queste mie poche righe e fermarvi qualche ora a riflettere su ciò che vi sto scrivendo. Vi esorto a non pensare all’argomento come alla solita questione politica e di scontro. Non mi interessa parteggiare per nessuno. E sono convinto che un governo in carica e la sua Maggioranza, che piacciano o meno, abbiano tutto il diritto di legiferare. Mentre ognuno di noi ha poi il dovere di rispettare le leggi. Ma se una norma è sbagliata va detto a voce alta. È quello che voglio dirvi riguardo il Decreto Sicurezza. Ebbene questo decreto chiede a noi sindaci di non dare più la residenza a persone che già vivono in Italia da anni. C’è chi è arrivato nel nostro paese quando era ancora minorenne, chi ha avuto riconosciuto un regolare permesso di soggiorno per ragioni umanitarie che oggi è stato letteralmente eliminato. C’è chi intanto si è messo a lavorare onestamente. Non dare più la residenza significa creare un esercito di fantasmi senza i più elementari diritti. Non potranno ricevere cure mediche, ne andare a scuola o trovarsi un lavoro. E ora chiedetevi, per favore, dove sta la SICUREZZA in tutto questo? Sicurezza per chi poi? Chiedetevi piuttosto se persone lasciate ai limiti della sopravvivenza non diventino merce prelibata per la criminalità. Se non gli rimane altra scelta che vivere di espedienti. Non illudetevi e non credete a chi vi dirà che torneranno al proprio paese d’origine. Non avranno manco i soldi per campare figuriamoci per viaggiare. Nei miei anni a Londra ho fatto volontariato, uscivo dall’ufficio o e al termine della mia giornata di lavoro andavo ad assistere immigrati senza permesso di soggiorno. Conosco benissimo che cosa significa trovarsi in questa situazione e i danni sociali che ne derivano. Non vi ho parlato di questioni umanitarie, lo avrete notato. La mano sul cuore dovete mettervela voi, da soli. Secondo vostra coscienza e sensibilità. Concludo dicendovi che condivido interamente le iniziative intraprese da alcuni miei colleghi sindaci nelle ultime ore. Sono convito, però, che alle provocazioni non si risponde con le provocazioni. Credo troppo nella democrazia e nelle sue istituzioni. Dobbiamo, semmai, ricorrere alla Corte Costituzionale. E so benissimo che possiamo farlo solo incidentalmente, cioè a dire non direttamente ma esclusivamente a seguito di un contenzioso. Perciò è una roba che non riguarda più solo noi sindaci, ma chiunque. Ebbene, facciamolo!”.