Il coordinatore provinciale di Libera tra i promotori della Street Parade di oggi a Marsala
Come tante altre città italiane, anche Marsala si mobilita contro il decreto Salvini. Oggi, a partire dalle 16, la cittadinanza è infatti invitata a partecipare alla Street Parade organizzata da diverse realtà del mondo associativo lilybetano: un colorato corteo che da piazza Pizzo attraverserà le vie del centro storico fino a piazza della Repubblica, con l’obiettivo di manifestare contro i contenuti del provvedimento adottato dal governo Conte in materia di sicurezza e contro il ddl Pillon. Tra i promotori dell’iniziativa, c’è anche Libera che in questi anni a Marsala ha coniugato l’impegno sul fronte della legalità con l’obiettivo di promuovere azioni mirate sul fronte dell’integrazione.
Salvatore Inguì, che senso ha una manifestazione del genere in una realtà apparentemente periferica come Marsala?
Manifestare è un concetto importante in sé, per non perdere la capacità di critica. Nel caso specifico, riteniamo doveroso criticare il decreto Salvini perché, al netto della propaganda che lo circonda, finirà per generare maggiore insicurezza. Obbligherà tanti a diventare clandestini perché facendo scomparire la protezione umanitaria non farà scomparire solo l’idea di proteggere chi è più debole, ma costringerà molti immigrati a lasciare l’Italia o a restare qui come fantasmi, vivendo in clandestinità.
In questi giorni si è parlato anche della potenziale dispersione di un’esperienza come quella della Libera Orchestra Popolare, che tanti marsalesi hanno avuto modo di conoscere nell’ultimo anno…
Il demone non è il decreto Salvini in sé, ma tutto ciò che c’è intorno. Stiamo mettendo in campo il peggio di noi stessi, abbiamo sdoganato il razzismo, considerato accettabile il fascismo, è passato il messaggio che si può essere contro gli ebrei, i neri o essere omofobi. Il decreto sicurezza e Salvini sono espressione di quanto sta accadendo. Con la Libera Orchestra Popolare abbiamo dimostrato che è possibile unire le diversità, dai i richiedenti asilo ai minori dell’area penale, ai giovani dei quartieri disagiati. Mentre si suonava, le differenze scomparivano e il racconto di ogni storia diventava la storia di tutti. Adesso, molti ragazzi della Libera Orchestra Popolare non si sentono più protetti e sicuri, proprio a causa del decreto sicurezza. Hanno perciò deciso di lasciare l’Italia per raggiungere altri Stati in cui sentono maggiori garanzie democratiche.
Non c’è il rischio che si disperda il lavoro prezioso che in tanti hanno fatto in questi anni sul tema dell’integrazione e dell’incontro tra culture?
Certo. Penso agli operatori sociali e culturali, ma anche a tantissimi ragazzi venuti a Marsala in questi anni e che hanno dimostrato le loro capacità attraverso lo studio, lo sport, il lavoro e anche attraverso la Libera Orchestra. Li ho visti personalmente partecipare alle iniziative in ricordo della Strage di Ustica, di Paolo Borsellino, li ho visti commuoversi mentre si parlava di Giovanni Falcone. Hanno cominciato a vivere le nostre passioni e condividere i nostri problemi. L’integrazione è anche questo.
Il gruppo di associazioni che promuove la Street Parade di oggi è lo stesso che nei mesi scorsi ha portato avanti la campagna per la cittadinanza onoraria al sindaco Mimmo Lucano. Un riconoscimento che in realtà era un modo per sostenere il modello di integrazione realizzato nel Comune calabrese di Riace. Il Consiglio comunale ha bocciato l’iniziativa: vi fermate qui o è vostra intenzione dar seguito in altri modi a quella campagna?
A noi non interessava tanto che Mimmo Lucano fosse cittadino onorario marsalese, ma che in città si riflettesse su un modello che era stato concepito per dare una risposta alla situazione di bisogno che si era verificata in una comunità come Riace. Il Consiglio comunale ha dato una sua risposta. C’è da capire se quella del Consiglio comunale e dell’Amministrazione sia una posizione realmente rappresentativa del pensiero della nostra città. Confrontandosi con le persone per strada, si scopre spesso che anche chi può apparire ferocemente razzista, in realtà è solo poco informato e magari dopo una chiacchierata le sue posizioni diventano molto più morbide. In realtà, penso che l’Italia non sia un Paese razzista, ma soltanto superficiale.