I sindacati hanno scelto come tema del primo maggio la sicurezza sul posto di lavoro. A quanti qualunquisticamente vogliono ribadire che è già una fortuna di questi tempi avercelo (il lavoro…) vorremmo dire che la battaglia per l’occupazione non esclude la dignità e il rispetto delle norme nei posti in cui i lavoratori, di tutte le categorie, cercano di guadagnarsi da vivere. Ci ha fatto piacere in questi giorni accanto ai temi tradizionali (ora ci ritorneremo) che i nostri concittadini abbiamo speso qualche parola sul 25 aprile e sul prossimo primo maggio intesi non solo come giorno della graticola su cui arrostire. Un recente sondaggio pubblicato su più settimanali ci ha informato che accanto ai tradizionali argomenti da bar (calcio, sesso ecc.) gli italiani hanno inserito la pena di morte ( il nostro primo commento è stato, ma guarda tu…). Ma poi riflettendo la cosa non ci ha sorpreso più di tanto. Infatti molto spesso nelle discussioni a cui ci capita di partecipare, tale argomento è sempre più presente e anche la nostra città non fa eccezione. Voi spesso ne sentite parlare soprattutto in concomitanza di delitti particolarmente efferati di cui i mezzi di informazione televisiva non lesinano di raccontarci i particolari, per cui accanto alle procacità della signora del quarto piano ed a un tunnel di Insigne, ci scappa sempre più spesso la discussione su tale argomento, e più le notizie sono accompagnate da immagini raccapriccianti, più nel sentire comune la voglia di vendetta supera il desiderio di giustizia. Sbadati come siamo non avevamo fatto caso che su tale argomento era intervenuto, in maniera dotta, LaVerità, quotidiano diretto da Maurizio Belpietro. Fortunatamente un nostro amico, che viaggia spesso, ci ha fatto avere una copia di questa testata che non è in vendita nelle edicole marsalesi (della cosa ovviamente ce ne rammarichiamo e proviamo una forte invidia per certi nostri parenti di Mantova che la mattina presto possono acquistarne la loro copia quotidiana). Si occupava dell’argomento un articolo con un intervista all’ on. Mario Borghezio, nota figura di intellettuale padano, un signore che esce di casa sempre con un bel copricapo proprio per fa notare che sotto c’è qualcosa. Il deputato leghista si dichiara favorevole al ripristino della pena di morte e così argomenta la sua posizione:”Sono convinto che il principio della morte non eliminerà la criminalità (un vero liberal n.d.r.) ma almeno la società non dovrà accollarsi gli oneri del mantenimento di un esercito di ergastolani irrecuperabili. L’ergastolo è un lusso che l’Italia non può permettersi”. Avevamo sentito molta gente esprimersi a favore della pena capitale per ragioni,diciamo così, giuridiche, ma nessuno aveva mai invocato la pena di morte per motivi economici. Insomma dovremmo ammazzare tutti gli ergastolani perché il minestrone e la branda che lo stato passa loro sono una spesa insopportabile. On. Borghezio si sbaglia: dobbiamo proporre anche l’assassinio di certi condannati a trent’anni. Se uno, poniamo, ha sessanta anni e deve ancora farne altri trenta di galera, che cosa lo teniamo a fare in prigione fino a novanta con quello che costa la verdura? Non sarebbe più economico sopprimerlo sulla settantina? Ma c’è un caso ancora più grave, economicamente parlando, ed è il caso di un ergastolano il quale dopo una ventina di anni di penitenziario venisse riconosciuto innocente. E’ già accaduto. Ebbene, egli ha mangiato e dormito a sbafo durante tanti anni di prigione, che non gli era dovuta. Lo Stato lo ha mantenuto per un lunghissimo tempo in cui, se non fosse stato incarcerato, avrebbe vissuto a proprie spese. Che facciamo? Gli imponiamo il rimborso o non era meglio accopparlo subito dopo la sentenza? Ci pare di capire che il deputato leghista, nel suo animo economico e gentile, sia per questa seconda soluzione. Onorevole , ci scuserà, ma noi siamo convinti che se l’essere ebete fosse un delitto, Ella sarebbe un delitto perfetto.
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