Sarà per la subalternità (vera o presunta) del governo regionale guidato da Rosario Crocetta verso il governo nazionale, ma di certo da ieri gira la notizia che le elezioni amministrative già fissate in Sicilia per il prossimo 31 maggio, potranno slittare al 7 giugno. Riepilogo dei fatti: l’esecutivo nazionale aveva fissato per l’ultimo giorno di maggio la data in cui gli italiani si sarebbero dovuti recare alle urne per il rinnovo delle cariche amministrative in 7 regioni e in 515 comuni. La giunta regionale, in nome del presunto “election day”, aveva aderito alla richiesta (neppure poi tanto velata) e dato che in Sicilia la data la decide il governo locale, Crocetta e gli assessori avevano deciso: si vota il 31 maggio. E ora? Secondo ambienti romani si starebbe decidendo di spostare al prossimo 7 giugno il ritorno alle urne per gli italiani. Perché? Intanto per un motivo, diciamo così, economico. Le associazioni di categoria che in qualche modo sono legate al turismo avrebbero fatto notare a Renzi che il week end del 31 maggio si prolunga fino al 3 giugno, ricorrendo, il giorno 2, la Festa delle Repubblica. Chi vuole o può, potrebbe programmare per quella data qualche gita che il voto nella propria città potrebbe fare rimandare. Poi c’è il Capo dello Stato, che secondo i bene informati avrebbe fatto sapere al Governo che nel giorno della festività della Repubblica ci sarebbe stato spazio soltanto per i commenti sul risultato elettorale, facendo passare in secondo piano l’importante ricorrenza. Infine c’è l’aspetto politico. A Renzi, nella sua qualità di segretario del Partito Democratico, tutti i segnali che giungono dai territori consigliano di prendere un altro po’ di tempo. Dalla Ligura fino alla regione Campania, i risultati delle primarie del partito del premier hanno sollevato un vespaio. Minacce di scissioni, contestazioni sul risultato delle consultazioni, ma anche abbandoni eccellenti (vedi Cofferati in Liguria). Renzi avrebbe deciso di spostare le elezioni di una settimana proprio per dipanare la matassa interna al PD. Il suo partito,com’è noto, ha avuto questo tipo di problemi anche nella nostra regione. Due casi su tutti: il risultato delle primarie nella città di Agrigento e la questione Crisafulli ad Enna. Nella città dei Templi, l’esito delle primarie ha portato alla vittoria un uomo di Forza Italia, Silvio Alessi che si è caratterizzato per lo slogan: “Ad Agrigento la mafia non c’è”. Sembra incredibile, ma non deve essere troppo lontano dalla verità, visto che i renziani agrigentini con un comunicato di fuoco hanno chiesto l’annullamento delle primarie e il commissariamento della segreteria provinciale del loro partito. “Non mi ritiro neppure se me lo ordina Matteo Renzi”, con questa frase torna in campo il leader indiscusso dei democratici di Enna, Vladimiro Crisafulli. Personaggio assai chiacchierato è stato “bocciato” dagli ultimi due segretari del Pd, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. Entrambi si sono opposti alla candidatura di Crisafulli sia alle elezioni nazionali che alle europee scorse. Ma Crisafulli ora insiste e sfida Renzi, il suo stesso partito e il Governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che ha posto un forte paletto contro la candidatura dell’ex deputato ennese. Poi c’è Marsala, ma alla luce di quanto raccontato fino ad ora, la questione lilybetana è davvero poca cosa. In un clima come questo, un’eventuale rinvio delle elezioni sarebbe gradito ai vertici regionali del Pd. Proprio stamattina infatti, il segretario regionale dei Democratici, Fausto Raciti, ha convocato a Palermo i vertici del suo partito per affrontare la questione relativa ai comuni interessati al voto. Ora la parola passa al Governo regionale e al presidente Crocetta. In Sicilia infatti la data delle elezioni amministrative viene fissata dalla giunta regionale. C’è da scommettere però che, così come ci si era orientati all’election day nazionale per il 31 maggio, adesso che da Roma spirano venti di cambiamento della data, è molto probabile che il voto slitterà al 7 giugno. C’è infine un ultimo aspetto da affrontare. La Finanziaria regionale introdurrà, se approvata integralmente dall’Ars, una riduzione del numero dei Consiglieri comunali (oltre che tutta una serie di adeguamenti al ribasso delle somme che spettano agli amministratori locali). L’entrata in vigore di questo aspetto della norma è previsto per le consiliature successive. Si apprende però che l’assessore al Bilancio Alessandro Bacchi, abbia correlato la legge con una “raccomandazione”: nei 51 Comuni che andranno al voto nella tornata maggio-giugno, si dovrà procedere all’immediata applicazione della norma. A Marsala insomma se tutto andrà verso questa, è bene dirlo, improbabile direzione, il numero di Consiglieri da eleggere passerà dagli attuali 30 a 24.
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