Il Centro Antiviolenza di Marsala “La Casa di Venere” sta diventando sempre più una solida realtà nel nostro territorio, fatta di donne, in particolare da 5 socie fondatrici e 17 operatrici che ogni giorno e 24 ore su 24 si prendono cura della tutela di tutte le donne che subiscono violenze con professionalità e preparazione. Nato alla fine del 2011, il Centro fa parte del Coordinamento Donne Siciliane, un ente giuridico presente in tutta la Sicilia. Per conoscere meglio la difficile quotidianità de “La Casa di Venere” abbiamo incontrato la Presidente Francesca Parrinello e l’operatrice Caterina Martinez che ci hanno fatto comprendere quanto quello della violenza sulle donne sia un problema socio-culturale prima di tutto. “Molte donne ci vengono segnalate dalle Forze dell’Ordine, in particolare dal Comando di Trapani che all’interno ha un reparto tutto al femminile – ci hanno detto le operatrici -. Ci dispiace costatare che molte di loro provengono da altri centri del territorio che, evidentemente, non riescono a dare loro il giusto supporto. Quando accogliamo una donna, ci spogliamo da ogni giudizio e pregiudizio perché nel momento in cui si pensa che una donna non sia meritevole di solidarietà femminile giustifichiamo chi violenta o uccide”. Nel 2008, un team di avvocati donne della Rete Centri Antiviolenza di Siracusa, guidati dalla presidente Raffaella Mauceri, decise di predisporre delle norme per regolare tali centri, racchiuse oggi nella legge Vinciullo. Secondo la legge a svolgere tale attività devono essere centri con operatrici (non possono esserci uomini) formate come quelle de “La Casa di Venere” che sono state seguite da un’equipe specializzata con protocollo del Ministero delle Pari Opportunità. Eppure nonostante la legge parli chiaro, molti di questi centri e nel nostro territorio ce ne sono molti, non hanno la giusta formazione. “Nel nostro centro creiamo un percorso con tanti step. Nel 2012 sono state più di 50 le donne accolte di cui 3 sono state rifugiate: se c’è pericolo di morte imminente, le operatrici portano la donna in una casa-rifugio lontana dal suo ambiente domestico nell’assoluto anonimato – ha chiarito Francesca Parrinello -. Se la mamma deve essere rifugiata col figlio, il luogo viene comunicato al Tribunale dei Minori. Alcune però non riescono a superare gli step e cedono alle violenze psico-fisiche ed economiche. Restando a Marsala, sono tanti i casi di violenza da parte di mariti, padri, fratelli. Stiamo parlando di casi che accadono non solo nei quartieri più a rischio della Città ma anche nei ceti medio-alti”. Come ci ha detto Caterina Martinez, “… siamo stati nelle scuole perchè il problema va affrontato a monte: bisogna diffondere una nuova cultura nei giovani, cambiarne la mentalità frutto di una società patriarcale. Chiediamo che venga istituito un organo di vigilanza sull’uso del linguaggio ed anche l’abolizione delle “Quote Rosa” simbolo dell’inferiorità della donna”. Infine una tirata d’orecchi per l’Amministrazione comunale: “Il Comune non ha mai firmato un protocollo d’intesa con noi, ma lo ha fatto con altri centri non autorizzati – ha fatto sapere la presidente -. Siamo contente però di sapere che l’assessore al Sociale, Antonella Genna, abbia capito l’importanza della nostra attività e voglia collaborare. Speriamo che al più presto il Comune ci fornisca una sede perchè al momento riceviamo le ospiti nel mio studio medico”. E pensare che, qualche tempo fa, la conduttrice Serena Dandini, venuta a Marsala per mettere in scena uno spettacolo contro la violenza sulle donne, “bacchettò” il sindaco Giulia Adamo puntando l’attenzione sul Centro. In una lettera pubblicata su un quotidiano nazionale sulla violenza di genere a firma di Adriano Sofri, la stessa Dandini ha risposto dicendo che a Marsala ci sono operatrici che svolgono la loro attività senza una sede, tra “trapani e dentiere”. Per quanto riguarda l’attivazione di un “Codice Rosa” presso l’ospedale “Paolo Borsellino”, annunciato qualche tempo fa dalla Consigliere Luigia Ingrassia, le operatrici sono state ferme: “Non risulta nessun Codice Rosa e se venissimo a sapere di una sua attivazione senza che l’Amministrazione ce l’abbia comunicato, saremmo costrette ad agire anche legalmente”.
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