Cortocircuiti linguistici e la malattia delle Sinistre europee.
Dal 7 ottobre, dal terribile attentato di Hamas e dall’avvio delle ostilità nella Striscia di Gaza, le etichette “antisemita”, “antisionista”, “fascista” e “nazista” sono volate a destra e a manca.
Utilizzate in maniere disparate, queste espressioni “vaganti” quasi fanno pensare a una schizofrenia dell’esclusione e dell’ostracismo. Le hanno usate, in effetti, da tutti gli schieramenti politici e da tutte le piazze.
In realtà, in tutto l’Occidente e anche in Italia, queste parole e queste idee sono accusate di aver fatto un preciso salto di campo: da Destra a Sinistra. Da stigma tradizionale delle destre macchiate di conservatorismo e autoritarismo a cancro degli schieramenti progressisti.
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Salvini ha dato dei “fascisti” ai manifestanti pro-Palestina del 4 novembre. Ricolfi ha scritto di non credere che da Sinistra si consideri negativamente lo Stato – l’apparato, lo Stato militare e colonizzatore – di Israele a prescindere dal popolo e dalla sua cultura. In pratica suggerisce la presenza di razzismo di stampo puramente novecentesco tra gli attivisti dello schieramento progressista.
Pure l’Anti Defamation League, in USA, ha denunciato la diffusione nelle Sinistre europee dell’antisionismo e ha sottolineato il pericoloso processo di importazione di questo anche nella politica americana.
D’altra parte un sondaggio dell’Istituto Cattaneo – nato per studiare i rapporti fra i giovani iscritti ai primi anni dei corsi universitari e le minoranze, poi corretto al volo dopo il 7 Ottobre – attesta che esiste un antisemitismo “aggiornato”, che assimila lo Stato israeliano al Reich hitleriano, e collocato fra giovani che si dichiarano a Sinistra. Andrebbe riletto Gli Antisemiti Progressisti di Fiamma Nirenstein, già nel 2004 stampato in Italia.
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Ora, è chiaro come, al di sotto le sbandierate, non vi sia alcun pericolo proto-nazista annidato nel PD o in altre forze politiche della stessa area in Europa. È altrettanto chiaro come la reazione – certamente scomposta, magari mal informata o mal elaborata – dei giovani dipenda dalla sproporzione delle forze in campo e dalla storia tutt’altro che edificante dello Stato di Israele.
Ancora, è chiaro come i concetti di “antisemitismo” e “antisionismo” compaiano più facilmente – in forma di epiteti da lanciare – sulla bocca di chi pensa dall’interno di quelle culture politiche di Destra che, anacronisticamente incapaci di sbrogliarsi della storia del ‘900, riconoscono nelle loro radici chi il razzismo e l’antisemitismo l’ha effettivamente praticato.
Il fatto che una personalità di punta di Fratelli d’Italia come Ignazio La Russa si sia esposta, in una delle sue prime gaffe dall’insediamento, nel tentativo di ribaltare il significato storico degli eventi di Via Rasella, la dice lunga.
La Destra italiana è popolata di personaggi di vario calibro che paiono incapaci di superare la storia del secolo scorso e che rivelano di ritenere ancora valide le categorie e le idee dei fascismi. Eppure, probabilmente per davvero, alcune delle responsabilità di questa strana situazione sono a Sinistra.
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Si osservi questo: in tutto l’Occidente, il campo progressista, quello che si auto colloca tra la responsabilità e la competenza, è diffusamente malato di retorica e di “secchionismo” (misto fatale di incapacità di autocritica e rigidità schematica). Malattia che in Europa emerge trasversalmente nella diffusissima incapacità di rielaborare il mancato obiettivo dell’espansione del benessere e delle opportunità; il mondo progressista, convertito in mondo politico “di sistema”, ha lasciato in tutta l’Unione Europea i segni di una durissima frizione tra racconto dell’inclusione, dell’ambientalismo, della responsabilità e realtà degli incompetenti, dei marginali, degli svantaggiati e provinciali. Le elezioni in Olanda, con la vittoria dell’ultradestra di Wilders – che da vent’anni coltiva solo l’estremismo – danno un segnale evidente.
Etgar Keret, scrittore israeliano, ha scritto che l’“universo progressista è semplificato e moralista” (e lo ha scritto guardano in faccia il mondo progressista che non è stato capace di condannare davvero Hamas). Frittata ribaltata, per la gioia degli ossessionati dal “pensiero unico”: sono le stesse parole che in Italia vengono usate additando la Destra.
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Vi è, in fondo, la sensazione che nessuna delle grandi aree politiche, in Occidente e non solo, stia attraversando indenne questa nuova Età del Populismo.
Nel dibattito italiano questo è piuttosto ben visibile a causa della tendenza – non certo esclusiva – alla “tifoseria”; il confronto dialettico è spaccato dalla necessità di istituire schieramenti: un di qui e un di là. Gesto intellettuale che, inevitabilmente, induce alla semplificazione e allontana il compromesso.
Così una questione complessa – cioè composita, fatta di parti diverse non riducibili né l’una all’altra e tutte ad un unum – come quella Israele-Palestina finisce per essere non capita, travisata e, ancor peggio, strumentalizzata.
Al di fuori dell’Italia le cose non vanno tanto diversamente. Messe fuori dal conto le cosiddette “democrature”, o democrazie autoritarie, in tutti i maggiori teatri politici le Destre populiste stanno colmando il vuoto delle Sinistre retoriche.
E se “vuota retorica” finisce per essere, alla fine, sempre populismo, sempre racconto da innaffiare sugli elettori, allora è chiaro che a vincere saranno i “populisti più populisti”, i populisti che “sanno fare davvero i populisti”. La prova vivente è Milei, in Argentina, in quanto alfiere sudamericano di Trump, in pole position per la rielezione.
Se le Sinistre scelgono di continuare a giocare alla rincorsa di questi – sconvolgenti – “numeri 1”, potrebbero anche finire fuori strada.
Sebastiano Bertini
Lo Scavalco è una scorciatoia, un passaggio corsaro, una via di fuga. È una rubrica che guarda dietro alle immagini e dietro alle parole, che cerca di far risuonare i pensieri che non sappiamo di pensare.
Sebastiano Bertini è docente e studioso. Nel suo percorso si è occupato di letteratura e filosofia e dai loro intrecci nella cultura contemporanea. È un impegnato ambientalista. Il suo più recente lavoro è Nel paese dei ciechi. Geografia filosofica dell’Occidente contemporaneo, Mimesis, Milano 2021. https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857580340