Torna a fare paura il virus trasmesso dalle zanzare che lo scorso anno causò un decesso in Provincia di Trapani, quello dell’artista Momò Calascibetta, che viveva a Marsala. Quest’anno salgono a 25, in Italia, i casi confermati di infezione da West Nile Virus, cosiddetta febbre del Nilo, nell’uomo dall’inizio di maggio. Lo rileva l’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di sanità aggiornato al 2 agosto.
I casi erano 6 nel precedente bollettino aggiornato al 26 luglio. Di questi, 15 si sono manifestati nella forma neuroinvasiva (4 Piemonte, 4 Lombardia, 7 Emilia Romagna), 6 casi identificati in donatori di sangue (1 Piemonte, 4 in Lombardia, 1 Emilia-Romagna), 4 casi di febbre (3 Lombardia, 1 Veneto). Un decesso è stato notificato tra i casi confermati in Lombardia (lo scorso anno i decessi totali furono 37).
Il primo caso umano di infezione da Wnv della stagione è stato segnalato dall’Emilia Romagna nel mese di luglio nella provincia di Parma. Salgono a 34 le Province con dimostrata circolazione di Wnv appartenenti a 7 Regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, ER, Puglia, Sicilia e Sardegna.
Sono in corso di conferma positività in Provincia di Treviso e Sondrio. Attualmente non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Malgrado siano allo studio dei vaccini, per il momento l’unico strumento preventivo contro la diffusione dell’infezione è soprattutto la riduzione dell’esposizione a punture di zanzare, durante il periodo favorevole alla trasmissione.
Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni. La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, manifestazioni cutanee.
I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150) e comprendono febbre alta, tremori, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.