Sete di Sicilia

Claudia Marchetti

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Sete di Sicilia

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venerdì 23 Maggio 2025 - 06:27

Da Trapani a Messina, la Sicilia vive ormai da anni un’emergenza idrica che assume sempre più i contorni di una crisi strutturale, cronica e drammaticamente ignorata. Un problema che affonda le sue radici in fattori molteplici: il cambiamento climatico, la cattiva gestione delle risorse, infrastrutture obsolete e l’eterna incompetenza della politica e delle amministrazioni locali. Secondo uno studio dell’Università di Palermo, entro il 2050 la Sicilia potrebbe perdere fino al 30% delle sue risorse idriche naturali. Un dato che, se da un lato è frutto di un aumento delle temperature e di precipitazioni sempre più scarse, dall’altro fotografa un sistema incapace di trattenere e gestire ciò che resta. A peggiorare una situazione già grave, è la rete idrica regionale: un colabrodo. Si stima che oltre il 50% dell’acqua immessa nelle condutture venga persa lungo il tragitto. Colpa di tubature vetuste, spesso risalenti a oltre 50-60 anni fa, che ogni giorno si rompono sotto le nostre strade.

Da Trapani a Mazara si assiste a un bollettino quotidiano di guasti, perdite e sprechi per corrosione, assenza di manutenzione, lavori stradali che danneggiano impianti già fragili, senza che ci sia un serio coordinamento tra enti locali e aziende esecutrici. Nel frattempo, dighe e invasi, restano in gran parte inutilizzati o in condizioni precarie, si pensi alle dighe Rubino e Trinità e il settore agricolo, spina dorsale della Sicilia rurale, è in ginocchio; le famiglie si trovano costrette a fare scorte d’acqua in bottiglia, con un aggravio economico e ambientale non indifferente. Le attività commerciali, soprattutto nel settore turistico e della ristorazione, si arrangiano con costosi servizi di approvvigionamento tramite autobotte. Una soluzione d’emergenza che non può diventare la norma.

Il diritto all’acqua è un diritto umano fondamentale, riconosciuto dalle Nazioni Unite con la Risoluzione del 28 luglio 2010. La stessa Costituzione italiana tutela la salute come diritto primario dell’individuo e interesse della collettività, implicando implicitamente l’accesso a un’acqua potabile, sicura, continua. Ma in Sicilia questo diritto viene calpestato ogni giorno. Dove vogliamo arrivare? Cosa aspettiamo a invertire la rotta? Serve una strategia integrata, coraggiosa e lungimirante che metta finalmente al centro l’acqua come bene comune che si limiti a tamponare emergenze con interventi-cerotto. Perché la Sicilia ha sete. Di acqua, di rispetto, di futuro.

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