A Natale, come non mai, si rinnova il connubio fra cibo e festa. Incontri, tavole imbandite, scambi di auguri, la gioia di ritrovarsi, talvolta, dopo tempo: il lungo periodo natalizio è un appuntamento immancabile con la tavola. Ma cos’è oggi il Natale in cucina? Ne abbiamo parlato con lo chef Peppe Agliano, titolare del ristorante La Corte dei Mangioni. Una lunga carriera di prestigio alla ricerca della qualità, tra ricercatezza e sapori genuini.
Chef, c’è qualche piatto della tradizione che si mantiene nelle proposte di oggi?
Le tradizioni ci sono e vengono sempre rievocate. Ma dobbiamo confrontarci con un mercato in crescita e in evoluzione, dove anche il visual riveste un ruolo importante. Oggi mercato non si limita al buono, al concetto di condivisione della tavola. Bisogna tenere in considerazione quello che si vede e che si può mostrare: il bello da mangiare e da condividere. Nella nostra proposta, c’è qualche piatto della tradizione ma assume ogni volta un valore nuovo. Per queste festività, abbiamo scelto su un menù diverso che potesse stuzzicare i palati, un’evoluzione rispetto a quello dello scorso anno, dove abbiamo inserito qualche elemento della tradizione, come potrebbe essere il cappellaccio con il brasato, ma associato a una cucina rivisitata.
Oggi quindi conta più la tradizione o l’innovazione?
La tradizione conta, ma non basta. Il nostro obiettivo è valorizzare gli ingredienti che più caratterizzano il territorio, senza perdere di vista le esigenze del mercato moderno né ovviamente la qualità. Oggi un piatto deve dare una tripla emozione: dev’essere di alta qualità, bello come se lo aspettano e legato alla storia della cucina del territorio.

Come si pone il turista nei confronti della nostra tradizione gastronomica?
Il turista è molto attratto dalla tradizione. La sfida è dunque quella di riuscire a conciliare i vari aspetti. Il compito è arduo. Tradizione si, ma soprattutto nell’uso degli ingredienti e dei prodotti che ci identificano. Il piatto tipico è richiesto in maniera più marginale, l’ingrediente del territorio però viene riconosciuto. In più, dev’essere accattivante e intrigante. Oggi il mercato ha inoltre bisogno di novità. In quest’ottica stiamo lavorando ad alcune interpretazioni di cibo per fare assaggiare i sapori di un tempo in chiave moderna. Ricette antichissime, legate alla storia della cucina siciliana e italiana, ma anche ai più recenti trend mondiali. È una novità che lanceremo a breve sul mercato, un progetto che parte da Marsala, ma destinato a essere replicato in altri luoghi.
Il cibo è sempre condivisione?
È molto emozionante vedere le persone e le famiglie che, mentre mangiano, si guardano negli occhi, conversano, commentano, condividono il momento. Sempre più forte è però la tendenza a voler condividere il piatto con persone terze, non presenti al tavolo. Anche il cibo sottostà al fascino del voler apparire e ostentare. Però, nel momento in cui si porta a tavola il proprio concetto di cucina, quando la forchetta arriva in bocca, nasce un’emozione vera. A quel punto non è più solo apparenza, chi sta assaggiando si rende conto che c’è qualcosa di più del mostrare.
Lei appena tornato da un impegno di lavoro a Miami. Com’è andata?
Ho cucinato per un evento privato. Un pubblico di commensali selezionato, abituati all’alta cucina gourmet. Io ho scelto di parlare di Sicilia. Oltre al tradizionale tacchino, ho quindi fatto mangiare loro il cous cous, i gamberi, uno spaghetto vongole e cozze, medaglioni con burrata e pomodoro. Piatti anche molto semplici, ma che sanno dare emozioni. Il riscontro è stato molto positivo. Ho visto emozione nei loro occhi. La tradizione quindi è davvero un valore. Chi riesce a preservala e a farla propria, può fare molto. Le mode, le abitudini e le tendenze cambiano velocemente, ma la vera tradizione non passa mai. Se si riesce a comunicarlo, si può trasmettere l’essenza di questo mondo.
C’è un piatto che in queste feste non può mancare?
Credo che non possano mancare il baccalà e la pasta ripiena, come un tortellone o un raviolo, magari servita con una fonduta o con un brodo leggero, di carne o di pesce a seconda delle proprie preferenze. E poi i crostacei che danno un sentore di ricchezza alla tavola. Infine si può provare a miscelare il panettone, che non fra parte della nostra tradizione, con la cassata, nostro dolce natalizio. Se riusciamo a unire le due cose non sbagliamo.
Com’è andato il 2024 per il settore?
Nei primi mesi dell’anno abbiamo notato una flessione importante nelle presenze. Una problematica comune legata ad una mancanza di flussi turistici e all’inflazione. Tuttavia non ci siamo spaventati né demoralizzati. Abbiamo mantenuto costante la qualità dell’offerta. Questo ci ha premiato. Da quella flessione siamo usciti con numeri importanti, vicini a quelli dell’anno scorso che è stato un anno d’oro per la ristorazione.
Abbiamo notato inoltre una crescita nella richiesta qualitativa. I nostri ospiti hanno forse mangiato meno, ma hanno mangiato meglio. Non si sono accontentati. Hanno spinto un po’ di più su qualche piatto più importante, accompagnandolo magari con un vino di alta gamma. Abbiamo quindi notato un equilibrio nei risultati economici dell’azienda. È un anno di passaggio per una nuova ripresa nel 2025.