La Procura di Trapani ha chiesto una condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione per Francesco Miccichè, vescovo emerito della Diocesi di Trapani, accusato di peculato nell’ambito del cosiddetto “Caso Curia”. La proposta è stata avanzata dal pubblico ministero Sara Morri al termine della requisitoria nel processo presso il Tribunale di Trapani, in cui il prelato è imputato per l’uso improprio di fondi destinati alla Diocesi dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), derivanti dall’8 per mille. L’accusa si concentra su somme che superano i 400mila euro, stanziate per supportare attività di culto, clero e opere di carità, che secondo gli inquirenti sarebbero state invece dirottate verso scopi personali dal prelato, con fatti risalenti al periodo 2007-2012.
L’indagine sulla gestione finanziaria della Diocesi di Trapani ebbe inizio nel 2011, scatenata da sospetti sull’uso dei fondi ecclesiastici. Un anno dopo, nel 2012, papa Benedetto XVI rimosse Miccichè dal suo incarico a seguito delle “indagini” condotte dal visitatore apostolico monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, in collaborazione con la Guardia di Finanza e il Corpo Forestale. La Diocesi stessa, nel novembre 2019, ha formalizzato la propria posizione come parte lesa, richiedendo giustizia per l’uso dei fondi. La prossima udienza è fissata per il 16 dicembre, data in cui prenderà la parola il difensore di Miccichè.