Siamo verbosi. Ed è un difetto. Parliamo e scriviamo moltissimo. Parliamo di parlare e scriviamo di scrivere. Non semplicemente l’azione è lontana, ma pure i fatti entrano nella realtà come “co-costruiti” dalle parole e dalle immagini.
Impieghiamo un numero altissimo di parole “generiche” poiché il nostro vocabolario abbandona sempre più quelle “specifiche”. Ogni ragionamento è dilavato da interi bacini lacustri di circonlocuzioni e approssimazioni. Chiedete a un qualsiasi professore di Italiano!
Siamo ossessionati dalle premesse, dalle rubriche a lato, dai commenti finali. Abbiamo programmi televisivi interamente dedicati al Talking.
Moltissimi di noi parlano quasi tutti i giorni di calcio e non giocano, mai, a calcio.
C’è pure una certa cultura politica, superata ma non morta, che fa del suo vanto quello di “spaccare il capello in quattro”.
Anche Draghi, in un retroscena certamente attestato, ha sbottato conto la Commissione Europea, accusandola di aver solo blaterato, per mesi, del price cap sul gas e di essere praticamente incapace di agire.
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Si potrebbe sostenere che il nostro mondo sociale sia in difetto di Pragmatismo?
Parliamo, narriamo, elucubriamo così tanto da perdere di vista la realtà?
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Certamente la comune vulgata sottolinea come lo squilibrio fra Verba et Res sia negativo. Sui giornali, in televisione e on-line, qualsiasi commentatore dà bella mostra aver assorbito un’idea di “retorica” come “costruzione linguistica deteriore”. Per tutti il “discorso su” è anche in grado di strabordare oltre ai fatti, di fluire lontano da essi e dalla loro impegnativa datità.
Parole e cose sono concettualmente schierate in opposizione, come alternative polarità.
Si dice: “Più delle parole, valgono i fatti”.
Quindi, a parole, sappiamo già come fare? Capriola.
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Una sottolineatura. Un tale assetto – così netto – può essere riferito con una certa fatica alla lunga riflessione continentale sui rapporti fra “mondo vissuto” e “mondo parlato”. Troppe stratificazioni.
È invece più facilmente associabile a una diarchia “di importazione”, che da anni mastichiamo forse non consapevolmente e forse ad un livello superficiale, e che è propria specificatamente della cultura imperatrix d’oltreoceano: quella che – seguendo Rorty – oppone il concetto alla realtà.
Riconosciamo tale “opposizione di profondità”, ad esempio, quando parliamo di come gli americani distinguano “Politics” e “Policy”.
Dei due, il termine positivo è il secondo; è spesso tradotto utilizzando l’arco semantico che va dal Troubleshooting, all’amministrazione, al civismo, alla “Politica della realtà”.
Lo Stato americano – al netto delle vistose divergenze fra aspirazione e realizzazione – si pensa primariamente praxis.
Questo “realismo” si oppone all’altro aggregato concettuale – la Politics – nella gestione del “contenuto” essenziale – inaggirabile poiché fondante – della citizenship americana: la “libertà dell’individuo”.
Per la sua impronta settecentesca e razionalista, il modo di essere-cittadini negli Stati Uniti si fonda sull’idea lo Stato si articoli come macchina di protezione, strumento di promozione della libertà individuale. Lo Stato che abbandona il primato dell’Individuo distorce sé stesso e si impaluda della “politica” intesa come non-azione, solo rappresentazione–racconto-ideologia-scusa-escamotage-bugia.
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Fuor dai denti: il “pragmatismo” può essere decisamente sano per una democrazia.
Superare il luogo comune e assumerlo a strumento di analisi permette, in molti casi, di sfrondare la foresta di blatericcio in cui spesso ci incastriamo.
Tentiamo un esperimento; cerchiamo di sciogliere il dibattito sull’elezione a Presidente del Senato del Senatore La Russa, di Fratelli d’Italia.
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La biografia di Ignazio La Russa è nota. Viene dal Movimento Sociale Italiano, partito autodefinitosi neofascista, poi post-fascista, e poi ancora conservatore. Come scrisse Piero Ignazi, un partito nato «in opposizione al sistema democratico». Tale almeno fin alla Svolta di Fiuggi. Non festeggia il 25 aprile.
La “retorica” di questi giorni si muove su due binari paralleli. I due punti successivi tentano di fare la sintesi di ampi discorsi ufficiali e di numerosi articoli e commenti.
- Come cercato di sottintendere nelle prolusioni istituzionali, si dichiara concluso il processo di “digestione” da parte delle Istituzioni repubblicane del post-fascismo. Esso è neutralizzato.
- Nonostante a, molti commentatori si sbracciano per manifestare dissenso. Un dissenso alimentato dalla più o meno dichiarata paura che non siano le Istituzioni repubblicane ad aver vinto. Anzi, da diversi commentatori si desume che proprio il deterioramento, l’indebolimento, di tali istituzioni abbia permesso l’assunzione alla carica del Senatore.
Liberiamoci ora della “retorica” e cerchiamo, con grande dose di cinismo, di essere pragmatici. L’esperimento funziona così: la catena degli eventi viene scomposta cercando di avvicinare il dato “crudo”, i fatti e le parole che ad essi sono più pertinenti. La sequenza che se ne ricava dovrebbe andare a coincidere con uno dei punti a o b “retorici”, avvalorandolo.
- La meccanica repubblicana dispone che il partito – o il gruppo di – che ha vinto le elezioni possa esprimere le più alte cariche parlamentari, dopo che il suffragio ha promosso le candidature.
- Lo scontro con la “realtà” è brutale, soprattutto per chi vive immerso nella “retorica”. Gli italiano hanno votato perché politici provenienti dall’estrema destra siano al potere.
- L’ideologia del post-fascismo è radicata in un “male storico”. Qualsiasi apologia del fascismo distorce la realtà, mistifica e mente. Tutti gli storici concordano sui danni provocati all’Italia dal Fascismo e sui danni provocati dalla mancata eradicazione dei fascisti dopo la fine della guerra.
- La carica del Presidente del Senato non prevede però alcuna “ideologia”: essa prevede una “sorveglianza laica”. Nel caso venisse a mancare tale “laicità”, la meccanica repubblicana impone la sostituzione.
- La schiacciante maggioranza di seggi attribuiti a Fratelli d’Italia fa temere che sia possibile “inceppare” tale meccanicità, e far filtrare “ideologia” nell’apparato.
- Si estrae da ciò una diffusa e trasversale sfiducia negli apparati repubblicani. L’elettorato è guardato con diffidenza ed è considerato troppo esposto alle sirene del populismo.
Evidentemente, la catena “pragmatica” ha portato una sovrapposizione fra bretorico e fpragmatico. Mostra anche però vi sia alla base di queste conclusioni anche una forma di irrazionalità: le Istituzioni stanno funzionando a dovere e al momento, la paura non ha ragioni “materiali esplicite”.
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Questa può essere una strada per una Pornografia del Mondo?
Pornografia intesa in senso traslato, come “trattazione esplicita”, come congruenza della parola con il dato “bruto”, anche con l’ “abietto”. Al diavolo il politically correct!
Non aletheia; non certo apokalypsis; stralcio del velo che copre il mondo, certo, ma che ci consegni in eminenza radicale la sua realtà.
Non ci farebbe davvero bene sapere nella sua nuda realtà perché in questi giorni la giudice romana incaricata ha decretato che l’assalto di Forza Nuova – al grido di “Boia chi molla” – alla sede Cgil di Roma del 9 ottobre 2021 “non è stato di matrice fascista”? O perché il Parlamento ha discusso il discioglimento di Forza Nuova ma non è mai arrivato a chiederlo in via definitiva al Governo?
Non ci farebbe poi bene evitar la ripetizione insulsa e acritica dei commenti, dei pareri e perfino degli sragionamenti, e iniziare a riflettere su come ci muoveremo quando ci toccherà l’unica vera fondamentale azione che ci fonda socialmente: il voto?
Anche Rorty, grande pragmatico, diceva che ogni ideologia deve farsi da parte di fronte alla democrazia, che è la vera grande conquista dell’Occidente.
Sebastiano Bertini
Lo Scavalco è una scorciatoia, un passaggio corsaro, una via di fuga. È una rubrica che guarda dietro alle immagini e dietro alle parole, che cerca di far risuonare i pensieri che non sappiamo di pensare.
Sebastiano Bertini è docente e studioso. Nel suo percorso si è occupato di letteratura e filosofia e dai loro intrecci nella cultura contemporanea. È un impegnato ambientalista. Il suo più recente lavoro è Nel paese dei ciechi. Geografia filosofica dell’Occidente contemporaneo, Mimesis, Milano 2021. https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857580340