Le ricerche di archeologia navale hanno permesso di individuare la natura e le fasi evolutive principali delle navi a remi durante la prima guerra punica. L’evoluzione principale fu quella avuta dalla quinquireme romana, che passò dal tipo messo in campo nel 261 a.C. in occasione della battaglia di Milazzo: essa non fu “copiata” dalla quinquireme punica, come dice Polibio, ma i Romani scientemente vollero costruirla diversamente, per utilizzare tattiche diverse, tra cui l’uso del “corvo”, o ponte mobile di arrembaggio. Dopo la battaglia di Drepano (249 a.C.) i Romani ebbero la conferma della necessità di riformare questa quinquireme ed allora sì che la costruirono più simile al modello cartaginese, che poi era quello ellenistico. Da allora il “corvo” non fu più usato. Il fatto che l’Annibale che si fece beffe dei Romani a Lilibeo nel 249 fosse soprannominato Rodio rinforza l’ipotesi che proprio da Rodi provenissero i criteri più aggiornati di architettura navale militare. Questo è in accordo con l’impiego della quadrireme, che, siracusana di origine, fu fatta propria dai Cartaginesi, che però fecero tesoro dell’esperienza di Rodi per questo tipo di nave, e poi, dopo la prima guerra punica, fu adottata anche dai Romani. In questo ambito ellenistico si pone anche la trireme, che formava comunque il nerbo delle flotte, sia romana che cartaginese ed era uguale su tutti e due i fronti.
In questo quadro si sono chiariti alcuni punti anche dei ritrovamenti più noti, come la nave punica ora conservata al Museo del Baglio Anselmi di Marsala, e la cosiddetta “nave sorella”. La prima non era certo una nave da guerra a remi, forse era un “avviso” o comunque una nave d’appoggio, in quanto lo scafo era troppo profondo per una nave esclusivamente a remi, come si vede anche dal modello esposto al Museo di Torre di Ligny di Trapani. La zavorra fatta di pietrame proveniente dal litorale laziale fa pensare ad una nave punica catturata dai Romani. Alcune ricostruzioni elaborate poco dopo il ritrovamento non sono quindi molto rigorose, anche se solleticano la fantasia. La cosiddetta “nave sorella”, di cui è conservata al Museo del Baglio Anselmi la replica del dritto di prua ed un modello ricostruttivo di massima, era invece una nave da guerra a remi, frettolosamente riparata per riprendere il mare, prima di essere affondata definitivamente.
di Franco Torre – Presidente Consorzio Universitario di Trapani