In difesa della libertà di informazione

Vincenzo Figlioli

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In difesa della libertà di informazione

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giovedì 30 Gennaio 2020 - 07:03

“Mala tempora currunt” per l’informazione in provincia di Trapani. Qualche settimana fa abbiamo commentato con amarezza la sentenza che ha condannato il giornalista Rino Giacalone, ritenuto responsabile di aver diffamato la “reputazione” del defunto boss mafioso Mariano Agate. Adesso abbiamo appreso della citazione in giudizio nei confronti di un altro collega trapanese, Nicola Baldarotta, querelato dal movimento politico Casa Pound.

All’interno del decreto di citazione, la Procura rimprovera al direttore del quotidiano “Il Locale” di aver superato i confini del diritto di critica per aver definito i militanti di Casa Pound “neofascisti, razzisti, omofobi, antisemiti, malati di machismo e maschilismo”.

Com’è noto, in Italia “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Lo afferma la XII Disposizione Transitoria e Finale a corredo della nostra Costituzione Repubblicana. Come al solito, però, in Italia ci cerca sempre di aggirare l’ostacolo. E allora resistono piccole sacche di nostalgici che non metterebbero mai per iscritto la propria adesione all’ideologia fascista, preferendo lavorare nell’ambiguità per promuovere valori che vanno comunque in quella direzione. Approfittano dell’oscurità per disegnare svastiche o croci celtiche sui muri dei centri storici, affollano i social per denunciare la presunta invasione dei migranti (sostenendo la teoria cospirazionista riferibile al piano Kalergi), osteggiano lo “Ius Soli”, infestano gli stadi con striscioni e cori razzisti, esprimono solidarietà al primo fuori di testa (Luca Traini) che spara contro un africano, auspicano l’uscita dell’Italia dall’Euro, divulgano fake news tramite testate on line, mostrano simpatia per Vladimir Putin, insultano Laura Boldrini e Liliana Segre e, in qualche caso, flirtano con le organizzazioni criminali del luogo (il riferimento, naturalmente, è all’inchiesta Mafia Capitale).

Se per curiosità si va a dare uno sguardo al sito ufficiale di Casa Pound, di tutto questo non si trova traccia. I vari punti programmatici sono articolati per lo più nel segno del politicamente corretto, secondo un perimetro molto attento a salvaguardare l’agibilità politica dell’organizzazione. Ma, chi capisce di comunicazione, si rende ben conto che il vero fuoco covi sotto la cenere. E alcuni blitz movimentisti, lo hanno dimostrato. Come quello che il 13 luglio del 2018 portò all’esposizione di uno striscione a Trapani (“Stop immigrazione, salviamo la nostra nazione”) per protestare contro lo sbarco dei 67 migranti trasportati dalla nave “Diciotti”. L’editoriale di Nicola Baldarotta adesso sotto accusa, fa riferimento proprio a quella fase. E, di riflesso, sarà interessante capire se, per il Tribunale di Trapani, Casa Pound è qualcosa di diverso da un movimento “neofascista”.

Nel frattempo, la nostra testata, che ha dovuto affrontare nel tempo la foga di altri “querelanti”, esprime al direttore del Locale piena e incondizionata solidarietà, nella convinzione che – piacciano o meno – le sue parole rientrassero in maniera indiscutibile nell’esercizio di quel diritto di critica che questa professione consente e che non può nutrirsi soltanto di note ufficiali, ma anche di riflessioni, ragionamenti e denunce di chi ha scelto di vivere in questa terra complicata e di mettere ogni giorno la firma e la faccia accanto a quello che scrive, applicando quell’articolo 21 tanto caro ai nostri padri costituenti.

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