Processo per voto di scambio ad Alcamo, parla la difesa di Ciccia

redazione

Processo per voto di scambio ad Alcamo, parla la difesa di Ciccia

Condividi su:

mercoledì 30 Gennaio 2019 - 10:54

Il legale Salvatore Di Giorgi, a conclusione della sua arringa ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito perché il fatto non sussiste.

Si è svolta nel pomeriggio di ieri, presso il tribunale di Trapani, l’udienza del procedimento giudiziario scaturito dalle indagini della magistratura sul voto di scambio alle elezioni amministrative del 2012 ad Alcamo, nel quale sono imputati: Leonardo Vicari, Giovanni Renda, Leonardo (padre) e Giuseppe (figlio) De Blasi, Davide Picciché, Filippo Di Gaetano, l’ex senatore della Repubblica, Antonino Papania, e il suo braccio destro, Massimiliano Ciccia.

Ad esporre l’arringa davanti al giudice, il dottore Franco Messina, è stato l’avvocato Salvatore Di Giorgi, difensore di Massimiliano Ciccia, ex collaboratore parlamentare di Antonino Papania. Il legale, durante la sua orazione tenuta nell’aula Giuseppe Corso del palazzo di giustizia trapanese, ha sollevato l’eccezione dell’articolo 649 del codice di procedura penale che riguarda il divieto di un secondo giudizio, essendo stato il suo cliente assolto dal reato di concorso esterno in associazione a delinquere nel giudizio abbreviato conclusosi nel 2016. In particolare, l’arringa dell’avvocato Di Giorgi si è concentrata sulle accuse del pubblico ministero, il dottore Franco Belvisi,  in merito a due assegni emessi da Massimiliano Ciccia: uno in qualità di presidente del consorzio universitario Forum, nei confronti di Giuseppe De Blasi, e l’altro come responsabile dell’Alcamo Calcio a Giovanni Renda. Secondo la procura questi assegni sarebbero stati emessi per rimborsare le spese di benzina ai succitati coimputati per le attività di procacciamento dei voti a sostegno del candidato a sindaco Sebastiano Bonventre (appoggiato dall’ex senatore del PD), ovvero, i quattro soggetti che a bordo della seat ibiza battevano “palmo a palmo” la città di Alcamo per tale finalità: Leonardo Vicari, Giovanni Renda, Leonardo e Giuseppe De Blasi. Il primo assegno circolare, quindi, dell’importo di 400 euro è stato emesso dal consorzio universitario Forum nell’aprile del 2011, oltre un anno prima delle elezioni amministrative dalle quali è nato il processo in corso. Detti assegni, per il legale, non sarebbero stati emessi né per pagare la benzina né i voti dei cittadini in difficoltà, dato che si era in una fase nella quale non si conosceva il nome del candidato a sindaco della città e quello dei candidati al Consiglio Comunale. Ma, secondo l’avvocato Di Giorgi, sarebbero stati emessi per pagare alcune prestazioni lavorative effettuate da Giuseppe De Blasi per conto del consorzio universitario. Una circostanza, come ricordato dal legale, confermata dal teste Mario D’Angelo sentito nel corso di una udienza. Il secondo assegno in questione è quello emesso per conto dell’Alcamo Calcio, consegnato a Giovanni Renda e anche questo effettuato in un periodo lontano dalle elezioni, nell’agosto del 2011. Come reso nel processo dal teste Cagnetta, maresciallo dei carabinieri, la difesa ha ricordato che la firma di quell’assegno non è stata accertata. Inoltre, un altro soggetto all’epoca abilitato a operare in quel conto era il signor Giuseppe Calvaruso. Dunque, per l’avvocato di Giorgi non vi è la prova che quell’assegno sia stato emesso, consegnato e sottoscritto dal suo assistito. La difesa ha ricordato poi che nel corso del processo è stato accertato che Vicari, Renda, e i De Blasi svolgevano attività di ricerca di sponsor alcamesi a ridosso dell’inizio del campionato per conto dell’Alcamo Calcio. Una vicenda ricostruita da alcuni imprenditori e confermata dai dirigenti della squadra dell’epoca i signori Marchese e Daidone.

Dopo, il legale si è soffermato sull’accusa della distribuzione dei generi alimentari alle persone meno abbienti in cambio di voti, che sarebbe stata effettuato anche dal suo assistito. Opera che, secondo il pm, come espresso nella sua requisitoria, non sarebbe avvenuta direttamente da Massimiliano Ciccia ma dai quattro soggetti citati. Secondo l’avvocato Di Giorgi, quanto sostenuto dal pubblico ministero proprio durante la requisitoria diverge rispetto a ciò che è contenuto all’interno del capo d’imputazione, nel quale si afferma che la distribuzione sarebbe avvenuta per il tramite di Salvatore Ganci. Dopo avere fatto un excursus storico sull’attività del suo assistito nel campo delle onlus, il legale si è soffermato sulla questione dell’accreditamento delle associazioni al Banco delle Opere di Carità e, in particolare, sulla circolare emessa ed emanata in procinto delle elezioni sulla distribuzione dei pacchi alimentari. Secondo la difesa, come affermato dal teste Francesco Ciulla, responsabile della onlus, detta circolare fermava la distribuzione alle associazioni ma non vietava il ritiro ai beneficiari. Inoltre, il teste Ganci, in quanto delegato, sarebbe stato l’unico soggetto ad occuparsi della distribuzione dei generi alimentari e lo stesso a procurarsi le derrate presso la sede di Bagheria del Banco delle Opere di Carità, e non dunque i soggetti a bordo della seat ibiza come invece sostenuto dall’accusa. Le attività svolte dal Ganci sarebbero state effettuate senza alcuna indicazione da parte di Massimiliano Ciccia, ma in piena autonomia. Sempre il signor Ganci era il soggetto a tenere gli elenchi delle famiglie che prelevavano i prodotti presso un magazzino in via Piemonte ad  Alcamo. L’unica intercettazione nella quale si fa riferimento a tali generi alimentari riguarderebbe tale Gaspare Mulè, ma, per la difesa, non è stata dimostrata la dazione di detti prodotti. Infine, la segretaria di Massimiliano Ciccia, la signora Matranga, che si era occupata degli atti necessari all’accreditamento delle associazioni ( in particolare quelle riconducibili all’ex consigliere comunale Antonio Nicolosi condannato nell’aprile del 2018 per il reato di voto di scambio), ha riferito che occorreva indicare il soggetto delegato al ritiro dei generi e, per l’appunto, Salvatore Ganci. I soggetti poi che ritiravano i pacchi alimentari nel magazzino di via Piemonte dovevano semplicemente dimostrare, attraverso la presentazione di alcuni documenti, lo stato di indigenza. Un’attività, quella della distribuzione, che veniva pubblicizzata, come testimoniato dallo stesso Ganci, tramite un semplice passa parola, data la vicinanza ad un quartiere disagiato come il cosiddetto Villaggio Regionale. “Non si capisce, in realtà, in che maniera e in quali fasi il Ciccia potesse condizionare la consegna di queste derrate se non aveva nemmeno la contezza di chi fossero i soggetti che materialmente andavano a ritirare”, ha affermato l’avvocato Salvatore Di Giorgi.

Entrambe le ipotesi dunque formulate dal pubblico ministero, per la difesa non sarebbero state provate. Pertanto, l’avvocato Di Giorgi ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito perché il fatto non sussiste. La prossima udienza è stata fissata il 5 febbraio prossimo.

Linda Ferrara

Condividi su: