Belice, vergogna di Stato

Vincenzo Figlioli

Marsala

Belice, vergogna di Stato

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giovedì 17 Gennaio 2019 - 07:00

Ogni tanto provo a immaginare cosa succederebbe se ognuno di noi potesse esprimere un desiderio che, se esaudito, darebbe un immediato beneficio a una comunità del nostro territorio. Facile pensare che la scelta andrebbe su argomenti o questioni che conosciamo in maniera più approfondita o che hanno toccato maggiormente le corde della nostra emotività. Qualcuno potrebbe concentrarsi sull’aeroporto, qualcun altro sull’agricoltura, sulle strade o sui rifiuti. A me, per esempio, piacerebbe riempire un po’ di pullman di parlamentari della nostra Repubblica e portarli nella zona del Belice. Proprio in questi giorni, si sta ricordando il 51° anniversario del sisma che sconvolse le vite e l’ambiente della valle e di gran parte dei Comuni che la compongono, tra le province di Trapani, Palermo e Agrigento. Un evento devastante, che a suo tempo meritò le attenzioni della stampa nazionale, prima di lasciare il campo ad altri argomenti di analoga emergenza politica o sociale. Come abbiamo detto e scritto tante volte in questi anni, quel terribile terremoto lasciò ferite profonde, generando anche energie e slanci positivi, come dimostrano la mobilitazione degli artisti chiamati da Ludovico Corrao a riscrivere la storia e l’urbanistica di Gibellina, la valorizzazione dello splendido borgo medievale di Sambuca di Sicilia, il lavoro di memoria e promozione culturale portato avanti a Santa Margherita Belice intorno al Palazzo del Gattopardo. Tuttavia, risulta inaccettabile che a 51 anni dal terremoto, ci siano pezzi di quelle comunità in cui si vive ancora nelle baracche o manchino quei servizi minimi che dovrebbero caratterizzare l’intero territorio nazionale.

Proprio l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Franco Valenti e i consiglieri di Santa Margherita Belice lo hanno voluto ricordare in questi giorni alla politica nazionale, presentandosi in piazza Montecitorio per protestare contro il mancato inserimento nell’ultima Legge di Bilancio delle somme necessarie a completare la ricostruzione del Belice. Da quel gennaio del 1968, purtroppo, ci sono stati tanti altri devastanti terremoti in Italia: dal Friuli all’Irpina, dall’Umbria a L’Aquila, fino ai recenti episodi verificatisi in Emilia Romagna e nelle Marche. Sarebbe da sciacalli fare campanilismo su eventi parimenti tragici, che hanno scosso l’opinione pubblica al di là delle appartenenze regionali. Tuttavia, non si può non evidenziare che altrove si è riusciti a portare avanti (e in alcuni casi a termine) progetti di ricostruzione a cui anche la popolazione del Belice avrebbe avuto diritto, ritrovandosi invece a fare i conti, fin dall’inizio, con ritardi e contraddizioni da parte del governo nazionale, fino all’istituzione di un’apposita Commissione d’inchiesta che però non riuscì a fare pienamente luce sulle responsabilità istituzionali.

E allora, per tornare al desiderio iniziale, salgano su questi pullman senza lusso i nostri parlamentari. Attraversino silenziosamente i ruderi di Poggioreale o della vecchia Gibellina, visitino le baracche, provino a indossare i panni di chi per mezzo secolo si è sentito dimenticato come se qualcuno avesse sospeso a tempo indeterminato l’articolo 3 della Costituzione. E dopo, solo dopo, tornino a Roma a immaginare la prossima Legge di Bilancio. Sarà la volta buona che, magari, si renderanno conto che il Belice ha aspettato anche troppo.

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