Tredici Comuni della provincia di Trapani si preparano ad andare alle urne per le elezioni amministrative del prossimo 10 giugno. Si tratta di una consultazione molto attesa, per tante ragioni.
La prima è legata alla più stringente attualità, che vede a livello nazionale farsi strada nuovi scenari politici, dettati dall’esito delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo e dalla possibile nascita di un governo M5S-Lega che rappresenterebbe un inedito nella storia repubblicana. Logico chiedersi, a questo punto, se tale connubio potrà incidere sulle performance di pentastellati e salviniani, nei Comuni in cui presentano liste proprie, in competizione tra loro.
La seconda è invece legata alla politica regionale: dopo il successo dello scorso autunno, il centrodestra guidato a Palermo da Nello Musumeci non ha replicato il 4 marzo in Sicilia il risultato ottenuto quattro mesi prima, finendo nettamente staccato dal Movimento 5 Stelle. Bisognerà capire se si è trattato di un incidente di percorso o se i siciliani (e i trapanesi) stanno già mostrando segni di disaffezione rispetto al nuovo governo regionale.
La terza, decisamente più importante, riguarda il governo dei territori. Si vota in realtà estremamente eterogenee, che rappresentano a vario titolo l’eterogeneità del territorio trapanese: urne aperte dunque nelle isole (Egadi e Pantelleria), nel Belice (Partanna, Vita, Poggioreale e Santa Ninfa), nell’agro ericino (Valderice, Custonaci, Buseto), nelle località a vocazione turistica del versante nord (Castellammare del Golfo e San Vito Lo Capo) e a Paceco. Ognuna di queste comunità ha storie politiche e specificità diverse che si intrecciano con lo spirito di un tempo nuovo, in cui i partiti tradizionali scommettono su una nuova idea di civismo per reggere l’onda d’urto della disaffezione dei cittadini verso la politica, che potrebbe premiare i movimenti più critici verso il sistema (come Lega o 5 Stelle) o alimentare l’astensionismo. E poi c’è Trapani, dove si concentrano maggiormente i riflettori degli osservatori politici: non solo perchè si tratta comunque del capoluogo, ma soprattutto perchè dodici mesi fa si consumò uno degli epiloghi più anomali della storia della provincia, con una campagna elettorale azzoppata dalle inchieste su D’Alì e Fazio e il mancato quorum ottenuto al ballottaggio dall’unico candidato rimasto (il democratico Pietro Savona). Il risultato fu un commissariamento da cui i trapanesi non vedono l’ora di liberarsi per uscire dalla logica dell’ordinaria amministrazione e tornare a programmare il loro futuro.
A loro, così come a tutti gli elettori siciliani che il 10 giugno andranno alle urne, non resta che augurare una campagna elettorale “normale”, in cui ognuno potrà votare serenamente il progetto programmatico o il candidato più gradito, senza condizionamenti di alcun tipo. Per trasformare quest’augurio in qualcosa di più concreto è però necessario un’opera di selezione seria da parte di chi in queste ore sta finendo di comporre le liste per il Consiglio comunale. Dagli elenchi che leggeremo a breve sarà possibile capire cosa ci aspetta.