Il fine vita e la volontà politica

Vincenzo Figlioli

Marsala

Il fine vita e la volontà politica

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martedì 28 Febbraio 2017 - 06:39

Italia e Irlanda sono gli unici due Stati dell’Unione Europea che non hanno adottato una legge sul testamento biologico e l’eutanasia. Un ritardo che conferma le difficoltà che il nostro Paese continua ad avere sul fronte dei diritti civili (ma anche sui diritti umani, vista la mancata introduzione del reato di tortura).

Molti commentatori superficiali tendono ad addebitare questi vuoti legislativi alle ingerenze del Vaticano e alla morale cattolica, che resta profondamente radicata in una buona parte dell’opinione pubblica italiana. Paesi culturalmente molto simili al nostro – come la Spagna – hanno però dimostrato con i fatti l’infondatezza di questo mantra, evidenziando come siano sempre il coraggio e la volontà politica gli elementi determinanti. Senza dimenticare quanto i nostri padri costituenti scrivevano 70 anni fa: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Nella prima parte della nostra Costituzione – nel caso in questione, all’articolo 32 – si trovano le risposte alla maggior parte delle domande che ci facciamo ogni giorno su temi che spesso caratterizzano il dibattito politico e mediatico. Il concetto di “rispetto della persona umana” è palesemente incompatibile con l’accanimento terapeutico che molti fondamentalisti continuano a difendere contro ogni logica. E poi c’è il sacro diritto alla libertà di scelta, che in un Paese civile dovrebbe essere salvaguardato, evitando di creare imbarazzanti differenze tra chi ha le risorse economiche per permettersi di andare all’estero per esercitare un diritto negato negato a casa propria e chi, invece, queste risorse le ha. Differenze che invece permangono (come dimostrano la drammatica vicenda di dj Fabo o anche i casi delle coppie che vanno all’estero per ricorrere alla fecondazione eterologa) e che palesano l’evidente incapacità della classe dirigente italiana di assolvere quel compito che l’articolo 3 della Costituzione assegna alla Repubblica: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

Se solo i nostri politici avessero la metà del coraggio e delle lungimiranza dei padri costituenti, non ci sarebbe ingerenza vaticana in grado di fermare il processo di attuazione del dettato costituzionale in materia di diritti civili, né di frenare l’armonizzazione del nostro sistema legislativo con quello dell’Unione Europea. Ma i nostri politici, come è stato scritto più volte, antepongono l’amore per la propria poltrona all’interesse generale e si sono ormai specializzati nell’arte di scansare le tematiche più delicate, temendo di uscirne elettoralmente compromessi. Così, non facciamo neanche fatica a immaginare i più cinici tra loro affermare in una riunione a porte chiuse: “Ma chi ce lo fa fare? I malati terminali non votano…”. Del resto, per Eluana Englaro riuscirono a dire anche di peggio. Ma se solo avessero visto con i loro occhi quella ragazza – e tante altre persone che hanno vissuto lo stesso calvario – la loro idea sull’argomento sarebbe sicuramente diversa.

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