Furono arrestati dai carabinieri nell’operazione “Cuprum”. Le pene vanno da 5 a due anni
La terza sezione penale della Corte d’Appello di Palermo ha confermato quanto decretato lo scorso febbraio dal Tribunale collegiale di Marsala (collegio presieduto dal giudice Sergio Gulotta) che ha emesso la sentenza di condanna per i tre imputati del processo scaturito dall’operazione dei carabinieri “Cuprum”. In particolare Francesco Marino, di 55 anni, era stato condannato a cinque anni di carcere, al pagamento di una multa di seicento euro, all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Per gli altri due imputati: Roberto Iovino e Vito Roccia, la condanna è stata di due anni e la multa di trecento euro. Francesco Marino è stato difeso dall’avvocato Maria Letizia Pipitone che in primo grado, in sede di discussione finale, aveva ribadito l’assenza di reati contestati dalla Procura marsalese di ricettazione e riciclaggio. E il collegio le ha dato ragione, assolvendoli da questi capi di imputazione. L’ipotesi di reato a loro carico era di furto di rame e interruzione di pubblico servizio nei territori di Marsala, Erice e Valderice. Sarebbero 23 le balle di cavi trafugate e ritrovate in casa di Marino (circa 40 in tutto). Il furto di cavi elettrici per sottrarne il rame avrebbe causato l’interruzione del servizio di illuminazione pubblica in tre Comuni del Trapanese: Marsala, Erice e Valderice, tutti costituiti parte civile. I fatti contestati sarebbero avvenuti tra il 2010 e il 2013 e i tre furono arrestati dai carabinieri e in particolare le indagini furono svolte dal Norm della compagnia di Marsala e dagli uomini della stazione di San Filippo.
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