Erano accusati di favoreggiamento della prostituzione, il GUP ha decretato che “Il fatto non sussiste”
Si è concluso con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” il processo celebrato con rito abbreviato a carico di Francesco Panico, 53enne titolare del nightclub che si trovava in contrada Digerbato, difeso dall’avvocato Leo Genna, e della moglie di Panico, Oksana Vodyants’ka, di 36 anni, assistita dall’avvocato Giuseppe Cavasino. I due erano accusati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione in quanto, secondo l’accusa, si sarebbero tenuti rapporti sessuali a pagamento nel club. Il processo prende le mosse dall’operazione dei carabinieri del 26 maggio 2013 ed è stato celebrato innanzi al GUP Roberto Riggio che, in una delle precedenti udienze ha anche disposto un’integrazione probatoria e l’audizione di due frequentatori del locale sexy. In sede di discussione finale l’avvocato Genna ha anche portato dei documenti a discolpa del Panico e ha chiesto l’assoluzione per il proprio assistito. “Abbiamo dimostrato che nel club non si consumavano atti sessuali”, hanno detto gli avvocati difensori. Il giudice ha pronunciato sentenza assolutoria per entrambi gli imputati, pur con la formula dell’ex art. 530 comma 2, ossia quella che ricalca la vecchia “insufficienza di prove”. Dalla stessa operazione è scaturito un altro processo appena avviato innanzi al Tribunale collegiale (presidente Sergio Gulotta, a latere Pierini e Moricca) a carico di due ex dipendenti, Salvatore Lo Grasso e Giovanni Sardo, ma i difensori ribattono: “Dimostreremo che l’ipotesi accusatoria è vana. Il “Bocca di rosa” era un semplice club”.
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