La Guardia di Finanza ha sottoposto a sequestro preventivo il complesso industriale della distilleria “Sicilia Acquaviti”, in contrada Digerbato.Il provvedimento è stato disposto dal gip di Palermo Giuliano Castiglia su richiesta del pm Maurizio Agnello della Dda di Palermo e scaturisce da una denuncia presentata lo scorso anno da un ex dipendente della società Ge.Dis., proprietaria della Sicilia Acquaviti, azienda costituita nel 2004 per la produzione di distillati siciliani di qualità. Le successive indagini delle Fiamme Gialle, su cui si base l’odierno sequestro, puntano l’indice contro una serie di scarti provenienti dalla distillazione che sarebbero stati riversati tra i terreni circostanti l’impianto e all’interno di vicine cave di tufo abbandonate, fino ad avanzare l’ipotesi di reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti per i legali rappresentanti della Ge.Dis e della Sicilia Acquaviti. Un’accusa respinta con determinazione dai titolari delle due realtà che evidenziano come le acque reflue a cui si fa riferimento nelle indagini provengono dalla lavorazione delle vinacce, a loro volta riversate all’interno di un bacino di contenimento a norma, con cemento armato impermeabile. “Le vinacce esauste – sottolineano dalla proprietà della Sicilia Acquaviti – non possono essere considerati rifiuti tossici. Sono prodotti di derivazione agricola, che vengono utilizzati come concimanti per i terreni e come materia prima per la produzione di energia. Man mano che le vinacce vengono estratte, il percolato resta all’interno di questo deposito, senza andare nel sottosuolo”. Nel verbale della Guardia di Finanza si contesta poi la mancata presentazione agli uffici comunali della documentazione riguardante lo smaltimento della borlanda (residuo della distillazione dei mosti alcolici fermentati). Ma dalla proprietà della Sicilia Acquaviti spiegano che dopo lo scoppio di una colonna nel 2011, l’impianto non aveva lavorato per più di due anni, riprendendo la propria attività alla fine del 2013. Solo recentemente era stato rimesso in sesto l’impianto di depurazione che sarebbe stato utilizzato anche per la borlanda, che nel frattempo “non è finita nel sottosuolo, ma è stata stoccata all’interno di un silos”.
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