In cronaca la nostra testata ha dato notizia di un arresto effettuato sabato sera dai carabinieri nella zona di Porta Nuova. Un episodio apparentemente marginale di fronte alle numerose operazioni condotte dalle forze dell’ordine negli ultimi mesi a Marsala, specialmente dopo l’omicidio del maresciallo Silvio Mirarchi.
Tuttavia, appare utile sottolineare che la zona in cui è avvenuto l’arresto è la stessa a cui abbiamo dedicato diversi articoli nelle scorse settimane: il centro storico della città. Le segnalazioni di residenti ed esercenti, che hanno visto con i propri occhi bande di spacciatori rifornire giovani lilybetani tra via XI Maggio, Piazza della Vittoria e le strade limitrofe, ci hanno consentito di ricostruire in maniera dettagliata pomeriggi e serate di ordinaria illegalità. Conseguentemente, il nostro giornale ha accompagnato la denuncia pubblica ad una richiesta di attenzione da parte delle istituzioni e delle forze dell’ordine.
Qui, com’è chiaro, non si tratta di portare avanti una crociata proibizionista, ma di avviare una riflessione su una situazione più generale che comprende vari attori: il consumatore che finisce “su di giri” e comincia a riversare la propria adrenalina contro chi (o cosa) gli capita a tiro; lo spacciatore che alimenta uno dei mercati che maggiormente arricchiscono Cosa Nostra; i residenti, gli esercenti, i turisti e i semplici passanti che ormai hanno paura di attraversare certe strade o di frequentare certi luoghi.
In questi ultimi giorni abbiamo constatato un maggiore controllo del territorio, come avevamo auspicato nei nostri articoli. Sappiamo bene però che non basta delegare un tema così complesso alle volanti della polizia o alle gazzelle dei carabinieri. La crisi economica ha creato un malessere sociale profondo e radicato che avrebbe bisogno di una strategia più ampia. Servirebbe un nuovo contratto sociale, un’azione comune tra le varie realtà sociali e istituzionali, uno studio dei nostri centri storici e delle nostre periferie in modo da individuare le principali criticità e ragionare sulle soluzioni, prosciugando alla fonte le sorgenti del malaffare. Servono servizi, servono opportunità di lavoro, ma anche creatività e bellezza. Ben venga dunque il controllo del territorio, ma nel lungo periodo occorre anche discutere sull’idea di città che abbiamo per il futuro. Tutti i posti di blocco del mondo non saranno mai sufficienti se le classi dirigenti del nostro territorio non se ne renderanno conto.