Segesta Teatro Festival, nel week end in scena Lino Musella e Laura Morante

redazione

Segesta Teatro Festival, nel week end in scena Lino Musella e Laura Morante

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venerdì 25 Luglio 2025 - 10:54

 Lino Musella apre la sezione teatro del Segesta Teatro Festival, sabato 26 luglio alle 19.30, con “L’ammore nun è ammore“, originale “recita dei sentimenti” dei trenta sonetti di Shakespeare, ‘traditi’ in napoletano da Dario Jacobelli (scrittore, paroliere per i 99 Posse e gli Almamegretta) sulle musiche del polistrumentista napoletano Marco Vidino a cordofoni e percussioni. Sarà il secondo appuntamento della rassegna che prende il via questa sera al Teatro antico con il concerto di Eugenio Finardi. “L’ammore nun è ammore” è una cerniera drammaturgica tra frammenti sentimentali cuciti insieme da una formula universale, quella di raccontare gli opposti – spiega Lino Musella, Premio UBU 2019, interprete di “Qui rido io” di Mario Martone, “E’ stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino, “Il bambino nascosto” di Roberto Andò, ma anche di due stagioni di “Gomorra” e dell’ultima di “L’amica geniale” – Shakespeare è il poeta delle negazioni, dei vuoti, dello scontro, pensate a Giulietta, alla Bisbetica Caterina o a Molto rumore per nulla: l’amore non è amore senza inganno. Dario Jacobelli ha “tradotto” i sonetti nel 2013: è stato un tradimento straordinario che oggi io porto in scena. cosa c’è di diverso dal tradurre questi versi in italiano o in francese? Il napoletano è una lingua, musicale e straordinaria, ascoltatela ad occhi chiusi”.  

Lino Musella

Domenica 27 luglio alle 19.30, una grandissima attrice come Laura Morante interpreta il suo Notte di sfolgorante tenebra, offrendo la sua voce a tre donne greche, Clitemnestra, Elettra ed Elena, e tre troiane, Cassandra Ecuba e Andromaca: ognuna ha un modo diverso di raccontare la guerra, per tutte sconvolgente, allora come oggi. Musiche di Bach, Gliere, Ravel, Haendel/Halvorsen eseguite da Davide Alogna al violino e Luca Provenzani al violoncello. Sei straordinarie figure femminili delle tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide si raccontano sullo sfondo del tragico retaggio della guerra in un monologo vibrante, impetuoso ma anche intimo e introspettivo: è finita con un massacro al guerra di Troia durata dieci lunghissimi anni, i greci hanno vinto ma le donne, greche o troiane, mogli, figlie o sorelle dei trionfatori o degli sconfitti, hanno tutte pagato un amarissimo tributo. Hanno perduto padri o sposi amati, oppure da sposi o padri sono state ingannate, tradite, abbandonate. I vincitori hanno infierito sui vinti, le donne troiane, prede di guerra dei soldati greci, sono costrette a servire gli assassini dei figli e degli sposi, come schiave o concubine, invise alle mogli legittime. Clitemnestra, Elettra ed Elena, Cassandra, Ecuba e Andromaca: è difficile sottoporle a un giudizio morale. Meglio sospendere il giudizio e lasciarsi trascinare dal vortice delle loro passioni.

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